Voto

7

Quando in ogni pub dal Kentucky in giù dilaga la disputa su che cosa sia il country e che cosa dovrebbe essere, Zac Brown rimane in studio a scrivere nuova musica. Questa è l’immagine che meglio rappresenta un artista che si sta rivelando tanto produttivo quanto sicuro dei suoi mezzi e dei suoi ideali: Brown lascia parlare la musica, anche dopo le critiche alla collaborazione con Avicii e all’interesse per l’EDM dimostrato con il primo brano dell’ultimo record del 2015, Jekyll + Hyde.

Ascoltando le esigenze di un pubblico ormai vastissimo, soprattutto sul suolo americano, Zac e soci mettono la retromarcia e ritornano sulla strada del country: Welcome Home è un ritorno nel backyard, a quella musica che li ha cullati e cresciuti, per la gioia loro e dei fan. Basta poco per sentirsi di nuovo a casa: il disco si apre con un pezzo che rievoca molti elementi (e strumenti, come il violino in apertura) tipici del country-folk e del bluegrass. “Even when I’m a thousand miles away from my roots, I’m home” è il benvenuto di Roots, una porta aperta sulle “radici” cui la band annuncia di essere tornata. Dalla prima all’ultima traccia, passando per il singolo My Old Man e la più tradizionale Start Over, la sensazione è quella di viaggiare verso casa su una vecchia auto con un paio di stivali e un sorriso nostalgico sul viso.

Brown dimostra ancora una volta di essere uno dei migliori artisti americani della sua generazione. Per quanto distante dagli albori splendenti di The Foundation, Welcome Home suggerisce che la band sta lavorando in una direzione ben chiara: ridefinire i canoni del genere per dar vita a un nuovo filone del country americano.

Riccardo Colombo