Voto

7

Aurora, l’ultimo album de I Cani, è un lavoro nuovo e diverso rispetto ai due precedenti (Il sorprendente album d’esordio de I Cani e Glamour): si perde quasi del tutto il Contessa provocatorio e naïf per lasciare spazio al lato grigio e crepuscolare del suo stesso animo, approdando a un disco che analizza la miseria dell’esistenza attraverso le dolci note di melodie electro-pop.

Il disco si discosta da Roma e segna un avvicinamento a temi più scientifici e astronomici: partendo da una sofisticata e metaforica analisi del reale (Questo Nostro Grande Amore e Baby Soldato) che sacrifica la sfera emotiva a vantaggio della logica puramente speculativa, Aurora dà rifugio all’uomo, prima attraverso il Prothobodisattva e successivamente tramite spazi ultraterreni. Da delicati accostamenti ortografici (“vuoi il culo o la fica”), inoltre, si nota la tensione dell’artista verso una presa di coscienza del “nulla”: nonostante gli sforzi, “dentro di me non c’è niente di niente, miliardi di mondi esistono ancora, miliardi di vite per fallire ancora” (Calabi-Yau).

Il leader Contessa migliora la propria abilità vocale – seppur a tratti ricordi Cremonini – e costruisce i brani sulla base di ritmi e melodie elementari ed essenziali, quasi totalmente privi della componente noise del primo album e del groove della batteria acustica del secondo.

Il disco, mantenendo comunque eleganza e raffinatezza, rimanda sia all’elettronica minimale del primo Battiato, sia a quella dance dei Daft Punk. Nello specifico: Non Finirà cede ad accostamenti ai The Kolors, mentre tracce come Il Posto Più Freddo e Sparire rappresentano una piena sintesi dell’album.

L’abilità che dimostrano I Cani nel trattare temi complessi in modo asciutto denota una maturazione intellettuale, evidente in particolare dal prospetto commerciale da cui è sorto Aurora.

 Mauro Giuseppe Daniele Francesco de Bari