Voto

6.5

Nuovi orizzonti thriller per il britannico Steve Mc Queen, che comunque non abbandona le riflessioni socio-politiche di 12 anni schiavo. In questo senso, l’immagine di apertura di Widows – Eredità criminale è una sfacciatissima dichiarazione di intenti: un appassionato bacio interraziale a pieno schermo tra i coniugi Veronica (Viola Davis) e Henry (Liam Neeson).

Alla questione razziale, ineliminabile sottotesto della narrazione, si affianca quella del ruolo della donna: in seguito alla morte dei loro mariti criminali, spetta proprio a un gruppo di donne (le widows del titolo, appunto) assumere su di loro il peso delle conseguenze che la scomparsa dei coniugi ha innescato, rimboccarsi le maniche e affrontare i labili equilibri di potere nella sanguinosa Chicago. Girl power, dunque, ma anche dramma, thriller e politica, per un prodotto molto lontano da altri recenti esempi di heist movie al femminile (come il quantomeno discutibile Ocean’s 8).

La credibilità data alle protagoniste è qui assicurata dalla mano di Gillian Flynn, avida esploratrice degli abissi più tortuosi della psiche femminile – come dimostrano le sue sceneggiature di L’amore bugiardo – Gone Girl (ed è suo anche il romanzo da cui il film è tratto) e della miniserie Sharp Objects, 2018). Per quanto solida nella costruzione dei personaggi, è proprio nelle cifre thriller che la scrittura di Widows cede, riservando al pubblico esiti talvolta poco originali e persino pretestuosi.

L’interpretazione della Davis svetta considerevolmente su quella delle colleghe (Michelle Rodriguez, Elizabeth Debicki e Cynthia Erivo): il potente contrasto tra le linee del suo corpo e il bianco abbagliante della casa in cui abita, la tensione che lei contiene e controlla in sé, muovendosi lenta ma implacabile tra i corridoi luminosi della casa, tradiscono la ben nota fascinazione di Mc Queen per il corpo umano (Hunger, 2008; Shame, 2011) e rappresentano il punto di forza dell’intero film.

Giorgia Maestri