A causa dell’emergenza sanitaria e della conseguente crisi culturale ed economica, i festival sono stati uno dei settori più colpiti della trafila cinematografica, ed è un problema che riguarda tutto il mondo. Se nella maggioranza dei casi la decisione è stata quella di cancellare o rimandare l’edizione 2020 a data da destinarsi, alcune realtà hanno deciso di confidare in un migliore futuro prossimo organizzandosi per la fine dell’estate, altre ancora si sono affidate alle possibilità del digitale. We Are One Global Film Festival (29 maggio – 7 giugno) segue proprio quest’ultima direzione, ancora in fase sperimentale per un settore strettamente legato alla partecipazione fisica delle persone, tra pubblico, addetti ai lavori e tutto ciò che solitamente contorna le singole proiezioni, convogliando per la prima volta in una sola iniziativa una pluralità di festival internazionali, anche quelli in passato più restii nei confronti della dimensione virtuale.

La parola d’ordine è accessibilità: tutti i contenuti saranno fruibili gratuitamente su YouTube da ogni parte del globo, l’iniziativa è a scopo benefico ed è lasciata allo spettatore la decisione di eventualmente effettuare delle donazioni libere a diversi enti coinvolti, tra cui OMS, UNICEF, UNHCR, Save the Children, Medici senza Frontiere. Tra le realtà che hanno aderito, ci sono anche i prestigiosi Festival di Cannes e la Biennale Cinema di Venezia hanno deciso di sfruttare questa piattaforma per dare maggiore risalto alle opere che solitamente finiscono nelle sezioni secondarie della programmazione e rischiano di non ottenere l’attenzione che meritano. Ma ci sono anche realtà settoriali e di nicchia, che spesso si rivelano le più audaci nelle proposte.

È il caso del Karlovy Vary International Film Festival, con una programmazione che affianca i cortometraggi dei giovani talenti europei al restauro di Adela Has Not Had Supper Yet (1977) di Oldřich Lipský, l’horror di Corman alla Nová vlna, il cinema d’animazione sperimentale di Jan Švankmajer e di Georges Schwizgebel (The Battle of San Romano) alla crudeltà di Genius Party: Happy Machine del talentuoso Masaaki Yuasa, fino ai giganti del momento come John Waters, Bong Joon-ho e Guillermo del Toro, che si raccontano in prima persona o in dialogo con altri autori, come le conversazioni fra Ang Lee e Kore-eda Hirokazu, Claire Denis e Olivier Assayas e Francis Ford Coppola e Steven Soderbergh.

Ma l’evento più atteso e importante di We Are The One è la première digitale di Crazy World, il nuovo folle film made in Wakaliwood, direttamente dai bassifondi della capitale dell’Uganda, Kampala. Ma facciamo un passo indietro. Nel 2010 esce su YouTube Who Killed Captain Alex?, film d’azione scritto, diretto e montato da un gruppetto di appassionati del genere, che diventa subito un cult della rete per l’ironia della sceneggiatura e soprattutto gli effetti speciali talmente trash da fare il giro e diventare iconici. Il successo inaspettato di questo lungometraggio, girato in Uganda con pochi mezzi, un budget risibile e tanta passione, permette agli autori di fondare un vero e proprio studio cinematografico grazie a una campagna kickstarter. The Crazy World è il loro nuovo film, firmato da Nabwana I.G.G e accolto calorosamente al Toronto Film Festival, che esce proprio dove dieci anni fa è iniziata l’avventura del Wakaliwood.

Davide Rui