Voto

8

“Are we still friends? Can we be friends?/Are we still friends? I’ve got to kno-”. Per capire quanto sia centrale l’incertezza emotiva in Igor, il sesto album di Tyler, The Creator, bisogna partire dalla fine (nonostante si possa rimescolare la tracklist a proprio piacimento). In Are We Still Friendsbrano che poggia su un’architrave funky e si avvale del falsetto di Pharrell – il fondatore degli Odd Future si interroga se sia il caso o meno di intrattenere un rapporto di amicizia dopo un amore ormai finito: in parole povere, sbriciola con le sue stesse mani quell’atmosfera rage e un tantino egocentrica che aveva caratterizzato i suoi lavori precedenti.

Quella rabbia sprigionata in Flower Boy muta in fasi in cui gli archi sono protagonisti quanto il pianoforte stordito dal synth. La rivoluzione sonora si tinge di R&B in brani come Earfquake, dove emergono degli errori che hanno portato alla fine di una relazione fondamentale e che forse non tornerà più. Il tema dell’amore è presente anche nella traccia successiva, I Think, che come stile rievoca un po’ Cherry Bomb e un po’ da Flower Boy ma su strofe incomplete e frasi lasciate sospese.

L’anima impressionista di Tyler, The Creator ha trovato una nuova forma d’espressione, anche se i tempi di Wolf Haley sembrano riemergere increspando la superficie intima di questo disco in momenti come What’s GOOD. E proprio quando il protagonista sembra volerci svelare qualcosa di più su di sé, la traccia s’interrompe bruscamente, come se qualcuno avesse tolto la corrente: la pennellata finale di quello che è un tela mélange che aspettava solo il momento giusto per essere svelata.

Matteo Squillace