Voto

8

Tornando di nuovo dopo Django Unchained sulla guerra civile americana declinata nel genere western, The Hateful Eight parte piano, pianissimo, diluendo la sceneggiatura fino all’estremo. Una tensione che cresce lenta, si fa sempre più insostenibile e finalmente culmina nel momento in cui si cambia scenario e i personaggi si ritrovano schiacciati all’interno di uno spazio claustrofobico. È lì che trova compimento la preparazione del climax: i personaggi iniziano a massacrarsi a vicenda e finalmente tacciono.

Questa baita asfissiante ospita un cast eccezionale (Samuel L. Jackson, Kurt Russel, Jennifer Jason Leigh, Walton Goggins, Tim Roth): interpreti di personaggi sfaccettati e complessi ben oltre le apparenze, gli attori si destreggiano in un thriller dai risvolti di scena inaspettati, animati da un’oscurità che traspare dai loro sguardi e dai loro gesti. I personaggi, uno più grottesco dell’altro, vengono presentati man mano da una fotografia che, magistrale nelle ampie vedute della prima parte, non perde colpi neanche nei piani più stretti delle sequenze dell’emporio; il tutto al ritmo della colonna sonora curata dal Maestro Ennio Morricone, vera punta di diamante della pellicola.

La struttura del film, vicina a quella della pièce teatrale, rimanda alla dinamica de Le Iene. E se la scelta di relegare il guizzo tarantiniano, provocatorio ed eccitante, nella parte finale del film e di concentrare tutta la violenza splatter in chiusura impedisce a The Hateful Eight di eguagliare il capolavoro del ’92, ciò non toglie che ci vada molto vicino.

Benedetta Pini