Quando settembre volge al termine l’Elfo Puccini di Milano diventa residenza autunnale di tutti quelli che per passione, caso, lavoro, curiosità, interesse, amore o senza alcuna motivazione gravitano intorno al mondo della danza. Il teatro ospita infatti il Festival MilanOltre, che nel corso dell’ultimo mese ha aperto le porte sul panorama nazionale e internazionale della danza contemporanea.

Arrivato alla sua trentaduesima edizione, il festival ha stupito con una programmazione esotica: a fianco dei big della portata di Louise Lecavalier, dei coreografi italiani emergenti tra cui Diego Tortelli e dei grandi nomi come Roberto Zappalà e Adriana Borriello, il direttore del festival Rino de Pace ha scelto di ospitare artisti provenienti dalle maggiori compagnie della Corea e della Cina, offrendo loro la possibilità di presentare una fetta importante del proprio repertorio.

La rassegna è, per chi la segue, come una seconda casa: ci siamo divertiti, appassionati, arricchiti, innervositi, stupiti. Questo è quanto:

Bach Project, Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto, MiTo Settembre Musica, coreografia Diego Tortelli, Italia

Il coreografo Diego Tortelli, punta di diamante dei talenti emergenti italiani di questa edizione del festival, ha lavorato sulla messa in scena di un capolavoro tutto al maschile di Jirí Kylián, Sarabande, e di una creazione originale, Domus Aurea: un lavoro, quest’ultimo, in cui regna indiscussa la bellezza del corpo, degli oggetti scenici, della danza. Peccato non riuscire a cogliere il significato del movimento e del particolare, essendoci in scena un continuo bombardamento di immagini: innegabile la bellezza, ma un po’ eccedente.

Look Look + No Comment, Laboratory Dance Project, Corea

Standing ovation di quasi dieci minuti e tanto calore da parte del pubblico. Precisione, respiro d’insieme, acrobazie, costumi colorati: uno spettacolo di facile lettura ma di grande impatto, capace di coinvolgere tutti. Interessante l’opportunità di vedere in scena artisti provenienti da un Paese lontano in tutti i sensi: colpisce la loro estrema dedizione al lavoro, la voglia di stupire il pubblico con una danza curata maniacalmente e con costumi molto vistosi, priva di mezzi scenografici se non il corpo stesso.

Bow, Laboratory Dance Project, Corea

Inizia con una lentissima cerimonia del tè, si sviluppa con una coreografia di passi calibratissimi, si chiude con una danza di inchini al pubblico: pazzesco. Soprattutto nel momento in cui, nel mezzo di tutta questa perfezione, di questo spirito zen, di questo mood sospeso e cerimoniale, i danzatori “sballicchiano” con le spalle come quando si mima l’Alligalli: una situazione quasi surreale, dall’atmosfera lynchiana.

“I” is Memory, Louise Lecavalier, Canada

Meravigliosa. Un solo lentissimo, movimenti di rallenty estremo, evoluzioni da alieno appoggiata a una sedia, camminate distorte, finale frenetico. Coreografia estremamente equilibrata, delicato il tema e l’interpretazione della sua storia, lei contemporaneamente attraente e commovente: chapeau.

A(1)BIT, Sanpapiè, Italia

Tentativo poco efficace di incastonare una coreografia di danza urbana nella cornice cittadina: carina l’idea di far indossare degli auricolari al pubblico per guidarlo in una sorta di processione verso la metro di Porta Venezia, peccato doverlo fare con una voce nelle orecchie che, con una banalità dopo l’altra, fa riflettere sul tema della città “viva”. Arrivati a destinazione, i danzatori in borghese si palesano iniziando a danzare sulle scale mobili, intorno alle macchinette ATM, vicino ai tornelli. Poco riuscito anche l’intento di interagire con l’ambiente circostante: i passanti cercavano di non farsi notare troppo, di evitare ogni minimo contatto con la scena. Sarà stato per timidezza?

Cedo all’usarmi + Bimb(y)i, Antonio Montanile, Italia

Cedo all’usarmi è un solo in cui il coreografo per quindici minuti gioca con le luci: mostra al pubblico un piede, poi una mano, poi entrambi, poi si muove a caso e poi esce di scena. Un intervento talmente poco chiaro che il pubblico in sala, una volta terminato, non ha capito che fosse ora di applaudire. Subito dopo Bimb(y)i, un duo maschile ispirato al robot da cucina: i due performer in scena ruotano mani, braccia, gambe come le lame dell’elettrodomestico, fanno una capriola a due e ripetono tutto da capo, per circa quaranta minuti. L’alienazione è la stessa di quando si rimane in fissa sul Bimby che prepara un risotto allo zafferano tutto da solo. Paura.

Jue-Aware, Beijing Modern Dance Company, Cina

Un delicatissimo passo a due fra madre e figlia che in scena interpretano il loro rapporto di parentela con una danza fortemente comunicativa, elegante, morbida. Sono tipici delle danze tradizionali cinesi i passi di molte scene dello spettacolo: elemento che, insieme ad altre scelte registiche, ha reso difficoltoso entrare in contatto con lo spettacolo a causa dell’immensa distanza culturale tra pubblico e performer.  Estremamente leggibili, invece, la passione delle due danzatrici, il coinvolgimento emotivo presente fra loro, tangibile ma mai esplicito, la bellezza dei loro corpi, la forza espressiva della loro danza.

La Nona, Compagnia Zappalà Danza, Italia

Un’immensa mano di Fatima gialla, due americane disposte a croce, svariati candelabri a sette braccia, due pianoforti, vari cubi neri sparsi per il palcoscenico: così inizia il fastoso spettacolo di Roberto Zappalà. I due formidabili pianisti, Luca Ballerini e Stefania Cafaro, suonano dal vivo la Sinfonia Numero 9 di L.V. Beethoven mentre i danzatori creano una composizione coreografica che dal singolo genera il gruppo, arrivando all’ensemble finale esplosivo, vitale, energico (ma interminabile!): uno spettacolo alla corte di Luigi XIV.

Protogonos, Dueditre, Italia

Il tema dello spettacolo risulta poco chiaro fin dal foglio di sala e in scena si risolve in una proiezione video in cui lampeggiano immagini di opere d’arte e film famosi. Coraggiose alcune scelte registiche delle tre giovani performer/coreografe, ad esempio quella di eseguire i primi quindici minuti al buio per poi proseguire con momenti di nudo integrale passando attraverso un nascono sotto un telo nero e una danza con delle spade laser. Un debutto un poco ambizioso, ma ci si può lavorare.

Lorca Sono Tutti, Fondazione Nazionale della Danza-Milanoltre, Italia

Dopo l’anteprima di aprile al Ponchielli di Cremona, ecco il debutto di Lorca Sono Tutti di Diego Tortelli, che si aggiudica il premio di migliore danza italiana del festival. Impeccabili i danzatori, supportati dalla musica originale di Francesco Sacco – fondatore del collettivo Cult of Magic –, suggestiva e profonda soprattutto nei due interventi di chitarra dal vivo. Notevoli anche la scenografia e la regia video: lo spettacolo sfiora la perfezione, manca solo il coraggio di eliminare quei momenti esteticamente sovrabbondanti a favore di una più intima elaborazione del tema.

Duo Goldberg, Adriana Borriello, Italia

In scena coreografa e pianista: immagine interessante di due donne sulla cinquantina, entrambe molto affascinanti e biondo platino. Forte l’intesa fra loro, molto intima l’esecuzione di Bach, sia sul pianoforte deliziosamente suonato da Gilda Buttà che nella danza della Borriello: il clima in scena estremamente leggero aiuta a entrare in contatto con un racconto molto personale, fatto di passi di danza, note e sguardi, senza l’aiuto di scenografia, luci di scena o costumi. Luce bianca di servizio, palcoscenico nero, due corpi: “la verità della danza”.

Giada Vailati