Voto

8

In risposta alla dolorosa morte del padre, avvenuta a pochi giorni dal release dell’album The Ascension (2020) e fortemente inserito nel contesto dell’isolamento dello scorso anno, Convocations è l’ultimo, ambizioso album del cantautore americano Sufjan Stevens. Si tratta di un’opera strumentale composta da due ore e mezza di musica, 49 brani divisi in cinque cicli sonici (Meditations, Lamentations, Revelations, Celebrations, Incantations) che riflettono sul tema della perdita e della sua elaborazione, sulla vertigine indotta dalla solitudine e sulla gioia dei ricordi, il tutto in luce di una latente speranza per un futuro migliore. Esplorando dimensioni sonore new age, a volte elettroniche, a tratti orchestrali, il risultato del disco è un senso di rivelazione interiore dal carattere universale. Ripetitivo e ossessivo, calmo ed etereo, vertiginoso e ipnotico: Convocations è un ascolto intenso che amplia lo spettro del sensibile.

Meditations, primo capitolo dell’opera, si apre con una ripresa della melodia di Video Game, brano di The Ascension, creando continuità tra le due opere e una coerenza generale, discostandosene tuttavia da un punto di vista stilistico. Caratterizzato da un senso di grandezza, estremamente legato ai canti corali e alla spiritualità in toto (Meditation III si avvicina alle litanie e mantra buddhisti), Meditations si presenta come accogliente ed intimidatorio allo stesso tempo. Tale solennità viene però abbandonata con Meditation IV: le melodie cambiano, conferendo all’opera una connotazione contemporanea e vicina all’elettronica, con distorsioni del suono che rimandano alla psych-ambient. La prima traccia di Lamentations richiama i carillon dei bambini, aprendo un nuovo atto molto più introspettivo che suggerisce tematiche come l’evoluzione dell’essere umano e il passare del tempo. Il maggiore utilizzo di note acute, spesso accompagnate da distorsioni inquietanti ed ossimoriche, ricorda infatti una conversazione interiore tra sentimenti contrastanti, la disperazione e lo spirito di rivalsa. Da questo brano in poi, per tutta la durata dell’album si alternano tracce estremamente oscure e prive di melodie a tracce più armoniche, che tuttavia nascondono sempre un sottotesto distorto ed enigmatico. In questo contesto Lamentation IV si presenta come l’apice dell’inquietudine emotiva dell’album, dove la parte disarmonica dell’animo umano prevale, ulteriormente ribadita anche da Lamentation V il quale, nonostante la presenza parziale di melodie più leggere, non fa che incrementare la sensazione di ansia esistenziale.

Il passaggio a Revelation arriva all’orecchio dell’ascoltatore come una maggiore chiarezza mentale che si riflette in sonorità più coerenti, trovando finalmente i primi vocals dall’inizio del progetto. Ma quel demone interiore è sempre in agguato, in un’eterna lotta contro la spinta vitale personale: Revelation VIII è infatti l’emblema di questa guerra, una fotografia sonora di esplosioni e bombe, lamenti e distorsioni, mentre la paura di perdersi nella propria mente si fa più tangibile. È solo nell’ultimo brano (Revelation X) che si arriva ad un’epifania definitiva di serena apatia verso il mondo esterno ed interiore, in un eterno movimento e scambio di vibrazioni. Tutt’altro che statico, pur muovendosi su diverse melodie ostinate, il quarto atto Celebrations eleva l’atmosfera verso una luce soltanto intravista. I contrasti sonori smussati dipingono una sorta di alba in Celebration IV, prima che qualche elemento ritmico dinamizzi il risveglio nel quinto e nel sesto brano. La sensazione è quella di camminare all’aria aperta, forse per la prima volta dopo molto tempo: mediante il richiamo sintetizzato a suoni di animali, le armonie inattese diventano avventure e incontri in cui rinascere a nuova vita.

L’ipnosi sonica del capitolo finale Incantation osa maggiormente nell’accostamento di sonorità iconiche (III) e psichedeliche (Incantation V), arrivando poi a risolvere l’alienata melodia nel sesto brano. Fino al finale respiro dell’ultima traccia, che suggella la piega oscura distintiva di tutta la raccolta in una sospensione tra ciò che è stato e quello che verrà: il carattere indefinito dell’ultima interpretazione Incantation IX (Incantation è l’unica sezione a contenere solo nove brani) lascia intendere conseguenze soltanto evocate dalla spettrale melodia che getta un alone di paura sugli ultimi secondi di spin. Convocations è un’opera lirica grandiosa ed estremamente personale che rivela il dolore della perdita, così intenso da scardinare la realtà e la quotidianità, mettendo in discussione la propria persona, i propri valori ed ideali. La dimensione onirica e psicologica si interseca così con la realtà esterna, in un connubio paradossale ed inquietante, ossessivo e profondo. Un progetto viscerale, potente ed estremo che dimostra la forza e la debolezza dell’essere umano, oltre che l’abilità musicale di Stevens, il quale si riconferma uno degli artisti più eclettici del panorama contemporaneo.

Giulia Tonci Russo e Riccardo Colombo