Voto

5

Ambientato nell’Inghilterra del 1912, ben prima del riconoscimento del voto alle donne avvenuto nel 1918, Suffragette non riesce a colpire emotivamente lo spettatore: a una seconda parte più briosa in cui i movimenti di camera si intensificano come a sottolineare l’attivismo delle protagoniste se ne contrappone una prima  troppo lenta e didascalica. L’intento della regista Sara Gavron di mostrare la “conversione” della protagonista, Maud, al movimento delle Suffragette, sottolineandone tutta la complessità psicologica, sfocia infatti in un film dal ritmo piuttosto estenuante senza alcuna giustificazione, apprezzabile forse  in un romanzo psicologico, ma non un film.

In ogni caso, la pellicola risulta piuttosto interessante soprattutto per il cast, in cui spiccano Carey Mulligan nelle vesti della giovane Maud ed Helena Bonham Carter in quelle della farmacista Edith Ellyn, esperta di arti marziali e promotrice di corsi per la difesa personale femminile. Risulta significativa  la scelta della Gavron di mostrare la lotta per il voto alle donne al di là dei salotti delle benpensanti signore della classe borghese, preferendo concentrarsi su un gruppo di donne appartenenti alla classe operaia senza tacerne gli aspetti più fanatici e violenti: la prospettiva è nuova, ma priva di spunti di riflessione approfonditi. In questo contesto risulta emblematica anche la data scelta dalla regista: il 1912 è anno in cui le donne si videro nuovamente rifiutare il riconoscimento del diritto di voto e, per la prima volta, decisero di rompere il silenzio della stampa, controllata da un governo oscurantista, ricorrendo ad atti di violenza a volte estremi, pronte a perdere anche tutto ciò che avevano di più caro, dalla famiglia alla propria libertà.

Nonostante, però, un’ottima scenografia e un’accurata ricostruzione storica, la regista sembra concentrarsi più sulla tematica del femminismo in sé che sulla sua messa in scena, senza aver quindi del tutto compreso che, come sostiene il critico cinematografico Valerio Caprara, “non basta l’argomento”. Il nucleo centrale della pellicola si riduce infatti alla volontà di mostrare il momento il cui le donne presero definitivamente consapevolezza del proprio ruolo nella società e della propria forza, trascurando però la confezione formale del film.

Caterina Polezzo