38.196 telefonate ricevute. 23.397 incontri casuali. 70.042 programmi visti in TV

Per 50 anni la casalinga polacca Janina Turek compila ogni giorno una lista, divisa in categorie come queste, di tutte quelle piccole azioni quotidiane che, benché scandiscano il ritmo della nostra esistenza, non riusciamo a ritenere interessanti, destinandole alla dimenticanza. Daria Deflorian e Antonio Tagliarini sono la brillante coppia d’arte che ha scritto, diretto e interpretato lavori come Rewind-Omaggio a Cafè Müller di Pina Bausch (2008) e Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni (Premio Ubu 2014 come miglior novità italiana), e lo scorso 11 ottobre hanno portato il loro ultimo lavoro, Reality, in Triennale a Milano. In all’ultima replica dello spettacolo, si sono fermati per un talk con la cantautrice Anna Viganò, in arte Verano, moderato dai nostri redattori Giada Vailati e Francesco Sacco. Qui ci hanno raccontato la scoperta casuale della storia di Janina e i suoi 748 quaderni, avvenuta leggendo un articolo di giornale, e di come sono rimasti tanto rapiti da questa vicenda che sono saliti subito su un aereo direzione Cracovia, per poter vedere di persona questa incredibile autobiografia impersonale.

Sì, perché Janina non si lascia andare a sentimentalismi di alcun tipo: la sua opera, perché di opera letteraria si tratta, ha la freddezza di un elenco numerato, tanto che il ritorno del marito da Auschwitz è segnato fra le visite inaspettate, con nome e cognome e senza alcun commento. In preparazione allo spettacolo, i due attori hanno tentato di avvicinarsi alla tecnica della donna, scegliendo un paio di categorie a testa per esercitarsi: mantenere un’obiettività costante come la sua si è rivelato incredibilmente difficile. Per arrivare a mettere tutti gli eventi sullo stesso piano ci vuole un’essenzialità difficile da raggiungere, una capacità di stare al di sopra di tutto che Deflorian assimila alla pratica zen.

L’espediente drammaturgico alla base dello spettacolo è di tipo metateatrale: Deflorian e Tagliarini, alle prese con le prove, raccontano una serie di aneddoti della vita di Janina, per poi rivelare quali sono veri e quali inventati da loro. Per raccontare una storia del genere a teatro diventa infatti necessario riempire i buchi della narrazione, immaginare cosa succedeva attorno alla donna, chi le stava accanto e come passava le sue giornate tra un’annotazione e l’altra. Ma non volendo tradire le intenzioni dell’autrice alla finem si ritorna sempre alla verità, mantenendo così intatta l’aura di mistero che rende tanto affascinante la sua storia. L’interpetazione della coppia (che ha portato Daria Deflorian a vincere il Premio Ubu come migliore attrice dell’anno) è essenziale, sincera: aprono con un siparietto comico semplice ma irresistibile e riescono piano piano a catturare l’attenzione del pubblico, stregandolo e tenendolo con sé fino alla fine. Ed è proprio durante gli ultimi minuti che si svela finalmente l’emotività di Janina, che oltre ai suoi quaderni ha lasciato tutte le cartoline che era solita mandarsi, in cui annotava come si sentiva davvero: ne emerge una profonda tristezza, che colpisce lo spettatore all’improvviso, facendolo uscire da teatro pensieroso e commosso.

Clara Sutton