Tratto dal romanzo Percoco di Marcello Introna ed esordio alla regia dello sceneggiatore Pierluigi Ferrandini, Percoco – Il primo mostro d’Italia è un thriller psicologico che racconta la torbida vicenda della prima strage di famiglia d’Italia, dal punto di vista dell’autore del delitto e a partire proprio dal fatto compiuto, in medias res, senza mostrare la strage, né soffermarsi sui motivi. Siamo a Bari, nella notte tra il 26 e il 27 maggio del 1956, quando Franco Percoco (Gianluca Vicari), studente di medicina, decide di sterminare la propria famiglia, ammassa i loro copri in una stanza e si gode la ritrovata libertà convivendo con i cadaveri dei suoi genitori e di suo fratello per 12 giorni – prima di quel momento, nessun omicida aveva mai convissuto così a lungo con le sue vittime. Il pubblico viene così messo subito al muro, sfidato a inoltrarsi nella conoscenza di un ragazzo al di là della sua connotazione di assassino: mentre il giovane Franco conduce una vita piuttosto comune, dandosi alla tanto agognata bella vita, noi cerchiamo di decifrarlo da un punto di vista privilegiato, consapevole del suo oscuro segreto. La stanza con le prove, cuore del delitto, è accessibile solo alla coscienza nostra e di Percoco, finché non comincia a puzzare, nonostante i tentativi di mascherarlo, e le conseguenze iniziano a farsi soffocanti.

La dolce vita della Bari bene nel boom economico del secondo dopoguerra si scontra con la realtà del giovane Percoco, che più cerca di farne parte, più si ritrova isolato e consumato dalla claustrofobia del proprio nucleo familiare e delle sue dinamiche sociali: il padre Vincenzo, ex-ispettore delle ferrovie in pensione, la madre Eresvida, casalinga, il fratello maggiore Vittorio, in carcere per furto, e quello minore, Giulio, affetto da sindrome di Down, con cui Franco condivide la stanza; la fidanzata Tina, sorella della fidanzata di Enzo, uno dei suoi migliori amici e compagni di università, e poi Massimo, col quale ha condiviso il militare. Franco vorrebbe scappare da lì, scappare da se stesso: è stato arrestato col fratello Vittorio durante un furto in una casa, ha avuto una relazione di un anno una prostituta napoletana, ha contratto la sifilide in un bordello e ha avuto un pesante esaurimento nervoso. A sequenze allegre, limpide e dorate del Mezzogiorno degli anni Sessanta si contrappongono piani oscuri, incalzanti e disturbanti; un’alternanza dissonante che si fa specchio della complessa caratterizzazione di Franco e dei fantasmi delle sue azioni che lo perseguitano. Mentre l’Italia si tinge dei colori vibranti del boom economico, la palazzina dei Percoco si tinge di sangue, il mondo respira rinnovato di fronte agli occhi del giovane Franco, che invece soffoca progressivamente in qualcosa più grande di lui.

La narrazione si rifiuta fin dall’inizio di distinguere nettamente il bianco dal nero, il bene dal male, rimanendo strettamente fedele alla trasposizione della vicenda con le sue sfumature e i suoi grigi, come la personalità del protagonista, che non viene mai appiattita mai a una sola natura: promettente giovane per bene, pericoloso assassino, fragile uomo confuso, Franco è l’altra faccia della medaglia che tutti si rifiutano di girare, il preludio glaciale della violenza che avrebbe trionfato anni dopo anche nella strage del Circeo. L’immaginario allucinatorio della decomposizione, che assale lentamente il protagonista e il pubblico, prevale sulla necessità di spiegare azioni e motivi, e la narrazione procede lenta, facendo crescere la suspense al ritmo dei fiati della colonna sonora. Percoco si consuma davanti ai nostri occhi, sciogliendosi da un primo piano all’altro, finchè di lui non ci resterà che l’incisiva essenza. Unico pubblico del suo intimo tormento, non potremo mai conoscerlo davvero, schiacciato dal peso dell’insanguinato vaso di Pandora che tenta per tutto il film di trattenere, e dalla cui apertura resta inevitabilmente schiacciato.

                                                                                                                                         Chiara De Matteis