Parigi, 1981: la cittadinanza festeggia l’ascesa del partito socialista al governo, ovunque nelle strade della capitale si respira un clima di speranza e cambiamento. Ma non per Elisabeth (Charlotte Gainsbourg), che si è appena separata dal marito e ora deve mantenere da sola i due figli adolescenti Judith (Megan Northam) e Mathias (Quito Rayon Richter), senza aver più lavorato dalla maternità. Trova lavoro come centralinista presso un programma radiofonico notturno condotto da Vanda Dorval (Emmanuelle Bèart), che ascoltava durante le sue notti insonni. Ed è proprio durante un turno di lavoro che conosce la diciottenne Tallulah (Noée Abita), una ragazza che si presenta in studio per raccontare la propria vita da nomade. Alla fine del turno, Elisabeth decide di darle ospitalità nella propria casa, e qui si stabilirà per un periodo, stringerà amicizia con Judith e inizierà una brevissima frequentazione con Mathias, per poi sparire e ricomparire a distanza di anni. Sono queste le premesse di Passeggeri della notte, il nuovo film di Mikhaël Hers candidato come Miglior film alla 72esima edizione del Festival di Berlino e disponibile nelle sale italiane dal 13 aprile per Wanted Cinema.

Ma chi sono i “passeggeri della notte”? Non solo l’appellativo con cui Vanda si rivolge al suo pubblico in radio, ma rappresentano metaforicamente anche le caratteristiche di due personaggi chiave del film: la fragilità iniziale di Elisabeth e l’evanescenza di Tallulah. Nelle fasi iniziali, infatti, Elisabeth si trova spaesata e chiusa in sé stessa in seguito al divorzio e alla scoperta di un tumore al seno che l’ha lasciata deturpata. Soffre di insonnia e depressione ed è piena di dubbi sul futuro: è spesso inquadrata in piani e campi medi che ne amplificano la solitudine, di notte e spesso intenta a guardare la città di Parigi ancora dormiente. Nel corso degli anni, grazie al lavoro in radio e in biblioteca, riuscirà a riprendere in mano la propria vita, liberandosi dallo stereotipato e spersonalizzante ruolo di madre in cui era stata relegata dopo la maternità e aprendosi alle complessità del mondo che la circonda. E alla fine del film consegnerà al figlio Mathias, aspirante poeta, il diario dei propri anni difficili, quasi come in un passaggio di testimone e di trasmissione della memoria dell’evoluzione dei propri sentimenti.

Il passeggero della notte è anche l’instabilità nomade di Tallulah, che prima riscopre il calore e la stabilità della famiglia Davies e poi, dal momento in cui intraprende una relazione sessuale con Mathias, percepisce la voragine di distanza dal ragazzo e deciderà di allontanarsene (“Non sono una ragazza adatta a te”.), temendo di essere incapace di amare. Allo stesso modo si comporta con Elisabeth quando la spinge, anni dopo, a entrare in un centro di riabilitazione: a sorprendere e destabilizzare Tallulah è proprio l’interesse della donna nei suoi confronti, che la ragazza sente di non meritare e per questo deciderà di allontanarsi dalla famiglia, per paura di rovinare “tutto ciò che tocca”. Ad acuire l’aure sfuggente e inafferrabile di Tallulah è anche l’ombra sul suo passato, che non viene mai indagato, e sulla sua psicologia, che si può solo dedurre (ma mai in modo approfondito) dai dialoghi con Mathias.

Accanto alle vicende dei personaggi, il tempo e i luoghi sono a tutti gli effetti personaggi del racconto, come ha dichiarato il regista alla Berlinale. La Parigi degli anni Ottanta è infatti tratteggiata con l’ausilio di immagini di repertorio (da Le pont du nord di Jacques Rivette) e di una selezione musicale che spazia dalla new wave dei Television al pop di Kim Wilde, fino al cantautorato francese coevo di Joe Dassin e Jodie. L’ambientazione principale è il quindicesimo arrondissement di Parigi, in cui i grattacieli e gli appartamenti in stile anni ‘70 la fanno da padrone, alternati ai paesaggi di campagna su cui si chiude l’ultima scena del film. La sceneggiatura, scritta a sei mani da Hers, Mariette Désert e Maud Ameline, si sofferma sulle fragilità, i desideri e le speranze per il futuro di una famiglia nella sua quotidianità, rendendo I passeggeri della notte un racconto senza tempo (nonostante i precisi riferimenti cronologici), che riflette sull’evoluzione degli esseri umani e dei loro sentimenti

Anna Bonandrini