MUBI è una cineteca online dove guardare, scoprire e parlare di cinema d’autore proveniente da tutto il mondo. La selezione dei titoli è affidata a una redazione di esperti del settore, che si occupano di costruire un vero e proprio percorso museale cinematografico attraverso mezzi diversi: i film, che possono essere in Cartellone o a noleggio, il Feed, che mostra cosa guardano gli altri utenti, il Notebook con notizie, interviste, reportage, approfondimenti; e ancora, la Comunità, ovvero il social di MUBI integrato a tutti gli altri, i Focus, gli Speciali e le Retrospettive. Ogni giorno viene proposto un nuovo film, che resta visibile per un mese e viene poi sostituito da un altro, in una rotazione continua. Dal 20 maggio 2020, MUBI ha introdotto la sezione Videoteca: una libreria di centinaia di titoli a completa disposizione di tutti gli utenti.
Nel mese di marzo MUBI dedica una retrospettiva a uno dei registi italiani più importanti di tutti i tempi, Pier Paolo Pasolini, in occasione del centenario della sua nascita celebrato il 5 marzo 2022: una riscoperta di titoli che offrono uno sguardo al passato e allo stesso tempo offrono una chiave di lettura per interpretare i tempi presenti e tracciare le prospettive dell’immediato futuro. Oltre a questi titoli, MUBI propone una serie di opere che mettono in risalto le voci delle nuove generazioni e delle correnti cinematografiche della contemporaneità di tutto il mondo.
L’alfabeto di Peter Greenaway, Saskia Boddeke, Paesi Bassi, 2017 (1 marzo)
Quale miglior modo di raccontare la vita di un artista se non attraverso lo sguardo di una persona che condivide con lui la quotidianità? Questo è quello che succede nel documentario del 2017 The Greenaway Alphabet, in cui Saskia Boddeke, regista e moglie dell’eclettico artista Peter Greenaway, riesce a portare il documentario d’arte a un livello superiore, realizzando un diario intimo, fatto di gesti quotidiani, ossessioni e sfumature inaspettate che raccontano di come l’artista, dopo aver raggiunto la fama mondiale, si trova a elaborare concetti con cui non aveva mai dovuto interfacciarsi prima; su tutti, l’ineluttabilità del tempo, su cui riflette nel confronto con la figlia sedicenne Zoe, un dolce e subdolo volto a mettere alle strette il padre svelandone i lati oscuri e le contraddizioni.
La bouche de Jean Pierre, Lucile Hadžihalilović, Francia, 1996 (15 marzo)
Proiettato nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes nel 1996, La Bouche de Jean Pierre segna l’inizio della carriera della regista francese Lucile Hadžihalilović e la nascita della collaborazione artistica con il regista, e partner, Gaspar Noé. Colori acidi, atmosfere cupe e alienanti, rapporti morbosi e spazi liminali: il film di Hadžihalilović è un’opera prima che contiene già tutti i temi che caratterizzeranno l’opera della regista, diventando i leitmotiv della produzione cinematografica di Noè, film in cui erotismo e pessimismo si intrecciano in scenari angoscianti ai limiti della coscienza e della percezione.
Heaven Reaches Down to Earth, Tebogo Malebogo, Sud Africa, 2020 (16 marzo)
Il titolo del secondo cortometraggio del regista sudafricano Tebogo Malebogo trae ispirazione da un passaggio presente nelle ultime pagine del libro Chiamami col tuo nome di André Aciman e dal film tratto dal romanzo. I protagonisti, due adolescenti, prendono parte a un racconto caratterizzato da scenari naturalistici ed emozioni pulsanti che si incontrano e che, come nel film di Luca Guadagnino, finiscono per fondersi in un’epifania sessuale e liberatoria. Un coming of age queer che rievoca le atmosfere oniriche di film come Moonlight (2016) e la delicatezza delle opere di Céline Sciamma.
All These Sleepless Nights, Michal Marczak, Polonia, 2016 (17 marzo)
Similmente a Pasolini, il regista polacco Michal Marczak decide di mettere sotto la lente d’ingrandimento le vicende personali dei suoi protagonisti per raccontare un contesto storico e politico in mutamento: in All These Sleepless Nights, vincitore del premio al miglior documentario internazionale al Sundance Film Festival del 2016, i contrasti di cui sono fatte le relazioni tra i personaggi diventano lo specchio delle contraddizioni della città di Varsavia, in un’opera che dimostra la straordinarietà del quotidiano, riprendendo gli attori, che interpretano loro stessi, mentre vivono — e allo stesso tempo assistono — ai cambiamenti di un Paese che scorrono ineluttabili, intrecciandosi con le loro crescite personali.
Buffet Froid, Bertrand Blier, Francia, 1979 (18 marzo)
Il regista Bertrand Blier sta al cinema francese come John Waters sta al cinema americano e Rainer Werner Fassbinder a quello tedesco: un narratore di storie grottesche e ai limiti dell’assurdo, un’esploratore delle ipocrisie del mondo moderno e delle contraddizioni umane. In questo senso, Buffet Froid è un prezioso gioiello nascosto, un’opera ibrida che sfida le comuni accezioni delle barriere che distinguono i generi cinematografici mescolando giallo, thriller e commedia per costruire scenari intrisi di umorismo nero e surrealismo, solitudine e disumanizzazione.
La ricotta, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1963 (26 marzo)
Terzo episodio del film a Ro.Go.Pa.G. (1963), La ricotta è uno dei più preziosi tasselli del testamento cinematografico lasciato da Pier Paolo Pasolini. In soli 35 minuti, iconografie dal mondo dell’arte e della religione si intrecciano, a partire da tableaux vivant di opere di Pontorno e Rosso Fiorentino, tra citazioni meta-cinematografiche e scene brillanti come quella che vede Orson Welles nel ruolo di un regista che demonizza la decadenza morale della società italiana. Ancora incredibilmente contemporaneo, La Ricotta è un’opera nata da un accostamento di simboli cristallizzatosi nella storia come il manifesto del cinema italiano degli anni ’60.
Buffalo Juggalos, Scott Cummings, USA, 2014 (Videoteca)
A confermare l’attenzione che la piattaforma ha dimostrato, sin dagli albori, nei confronti delle nuove voci del cinema indipendente americano — a cui ha dedicato una categoria intitolata Indie d’America —, MUBI propone il corto Buffalo Juggalos di Scott Cummings, che insieme alla moglie Eliza Hittman forma una delle coppie di registi più rilevanti del panorama indipendente contemporaneo. Il film si inserisce nel palinsesto come ulteriore racconto della periferia americana abitata da personaggi in bilico tra ordinario e assurdo, scenario di sottoculture che si incontrano e che danno vita a immagini camp e grottesche – come quelle messe in scena da registi come Harmony Korine o Gus Van Sant. Buffalo Juggalos, dedicato ai Juggalos — una sottocultura di fan della band Insane Clown Posse che attinge all’immaginario horrorcore e al gangsta rap —, elementi infantilistici e bizzarri si incontrano, ossimoricamente, con le grigie periferie americane in un accostamento comico-drammatico che ricorda film come Gummo (1997) o Un sogno chiamato Florida (2017).
Arianna Caserta
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