MUBI è una cineteca online dove guardare, scoprire e parlare di cinema d’autore proveniente da tutto il mondo. La selezione dei titoli è affidata a una redazione di esperti del settore, che si occupano di costruire un vero e proprio percorso museale cinematografico attraverso mezzi diversi: i film, che possono essere in Cartellone o a noleggio, il Feed, che mostra cosa guardano gli altri utenti, il Notebook con notizie, interviste, reportage, approfondimenti; e ancora, la Comunità, ovvero il social di MUBI integrato a tutti gli altri, i Focus, gli Speciali e le Retrospettive. Ogni giorno viene proposto un nuovo film, che resta visibile per un mese e viene poi sostituito da un altro, in una rotazione continua. Dal 20 maggio 2020, MUBI ha introdotto la sezione Videoteca: una libreria di centinaia di titoli a completa disposizione di tutti gli utenti.
A pochi giorni dall’inaugurazione della 74esima edizione del Festival del Cinema di Cannes, MUBI si occupa di riproporre una ricca selezione di film dalle precedenti edizioni del Festival francese, tra opere acclamate dalla critica e pellicole in esclusiva italiana. Insieme ai film della Croisette, la piattaforma continua la sua operazione di riscoperta e analisi delle voci italiane contemporanee—a cui questo mese si aggiungono quelle di Carlo Sironi e Agostino Ferrente—e dall’esplorazione di nuovi tipi di i linguaggi che influenzano il cinema contemporaneo e le sue derive più sperimentali.
Oslo, August 31st, Joachim Trier, Norvegia, 2011 (7 maggio)
Secondo capitolo della trilogia di Oslo del regista norvegese Joachim Trier – completata dal più recente La persona peggiore del mondo (2021), che ha conquistato la critica tanto da arrivare nella shortlist degli Oscar 2022 -, Oslo, August 31st è forse l’opera più raffinata di un trittico affascinante e dirompente che indaga personaggi a un bivio: quello di una generazione tormentata dall’incertezza e dalle insicurezze, nata dopo la diffusione di Internet ma non abbastanza tardi per rientrare nella categoria dei nativi digitali, che ha assistito alla smaterializzazione di un mondo tridimensionale, fatto di oggetti fisici e di memoria concreta, in favore di un mondo virtuale e fluido, dominato da simulacri e totem aleatori. Esplorando la psicologia del protagonista, in un modus operandi simile a quello adottato in Reprise (2011), Trier rielabora il romanzo Fuoco Fatuo dello scrittore francese Pierre Drieu La Rochelle, ibridandolo con le ispirazioni del cinema del’incomunicabilità di Antonioni.
Sole, Carlo Sironi, Italia, 2019 (6 maggio)
Presentato in anteprima alla 76esima edizione del Festival di Venezia nella sezione Orizzonti, dedicata a opere che rappresentano le nuove tendenze espressive ed estetiche del panorama cinematografico, Sole di Carlo Sironi è un film di vuoti, di silenzi, di automi partoriti da indifferenza e mancanze di affetto, di non-luoghi che si susseguono incorniciando – e ingabbiando – i protagonisti, che trovano nelle tonalità fredde, nelle dimensioni anguste e nelle atmosfere liminali degli spazi che attraversano la sintesi visiva dei loro tumulti interiori. Vicino ai temi affrontati da registi come Cristian Mungiu, ma anche alla tradizione del cinema nordico, come quello dell’islandese Dagur Kari e dello svedese Lukas Moodysson, Sole è un film che utilizza la parabola della genitorialità per indagare le modalità grottesche in cui gli esseri umani si rapportano tra loro alla ricerca di un legame empatico, facendo emergere quella speranzosa e tragica tenerezza con cui si ostinano a farlo in un nostro mondo arido fatto di emozioni surrogate e legami artificiali.
Maat, Fox Maxy, Stati Uniti, 2020 (11 maggio)
Il folgorante Maat, premiato all’International Film Festival di Rotterdam nel 2021, è l’esito di una raffinata ricerca etnografica e identitaria che ha le sembianze di un intimo flusso di coscienza. L’archivio personale di Fox Maty, composto da video girati e montati dalla regista nell’America contemporanea, diventa lo strumento per cercare il contatto con la propria identità nativo-americana, indagare il rapporto duplice e mutevole tra se stessa e la propria terra natia e riflettere sulla diffusa mentalità colonialista. Affondando le radici nelle sperimentazioni audiovisive vicine alla video arte, come suggerito dalle ispirazioni del film – tra cui Ryan Trecartin e Pipilotti Rist -, Maat ci induce a riflettere sul linguaggio cinematografico, sulle contaminazioni che ne caratterizzano lo stato attuale e sull’utilizzo della dell’immagine d’archivio come mezzo d’indagine personale e socio-antropologico.
Dustin, Naïla Guiget, Francia, 2020 (19 maggio)
In questo corto intriso di cultura rave e musica techno – in concorso all’edizione del 2021 di Concorto Film Festival -, la macchina da presa segue la giovane Dustin e il suo gruppo di amici mentre trascorrono la nottata in un club, da dove vengono cacciati in malamente. Ma è solo nel dispiegarsi della mattina seguente che emergono le difficoltà della protagonista, che sta attraversando i primi mesi della transizione di genere. Fornendo uno sguardo inedito sulla tematica, la regista Naïla Guiguet mostra come quei posti in cui dovremmo sentirci al sicuro dalle costrizioni della società siano più pericolosi di quanto sembrino. E racconta anche della bellezza della vulnerabilità e di come, certe volte, bisogna contare solo su se di sé per trovare la serenità.
Personal Shopper, Olivier Assayas, Francia/Germania/Repubblica Ceca/Belgio, 2016 (20 maggio)
Vincitore della Palma d’Oro per la Miglior regia nel 2016, Personal Shopper porta all’estremo i tratti che caratterizzano lo stile del regista francese Olivier Assayas, che con toni glaciali e delicati delinea una storia fatta di riflessi e assenze, di silenzi e violenze sottocutanee. Sui passi di un thriller sui generis – che condivide alcuni tratti con il linguaggio del fashion film -, Maureen Cartwright, interpretata da Kristen Stewart, si muove tra impegni quotidiani e mansioni di lavoro, in attesa di un segnale, che sembra essere costantemente in agguato, da parte dal fratello gemello scomparso poco tempo prima. Si susseguono così fasi di alienazione profonda e tentativi di fuga alla ricerca di una “connessione”, ancora più cruciale quando strani messaggi appaiono sul cellulare di Maurice da un mittente misterioso. L’idea che traspare dal film è che la trascendenza può fondersi con il mondo materiale, talvolta in maniera del tutto inaspettata.
In guerra, Stéphane Brizé, Francia, 2018 (26 maggio)
Secondo tassello della “Trilogia del lavoro” del regista francese Stéphane Brizé – cominciata con La legge del mercato (2015) e conclusa da Un altro mondo (2021), in concorso alla scorsa edizione del Festival di Cannes -, In guerra si distingue dagli altri capitoli grazie alla coralità e alla molteplicità dei punti di vista che si intersecano nel film, mettendo da parte la singola visione del protagonista interpretato da Vincent Lindon, attore feticcio del regista. Con un impianto registico molto vicino al documentario, In guerra segue le proteste di un gruppo di operai contro la chiusura imminente e irreversibile della fabbrica in cui lavorano, tentando di rompere l’indifferenza delle persone ai vertici, che sembrano non avere alcuna intenzione di ascoltare le voci di chi ha una disperata paura di perdere tutto. Costituito da fittissimi dialoghi e un montaggio serrato, il film lascia spazio alle interpretazioni di attori e attrici non professionisti, realizzando un film di finzione che si avvicina al cosiddetto cinema del reale.
Sycorax, Lois Patiño, Matías Piñeiro, Spagna, Portogallo, 2021 (30 maggio)
Cortometraggio presentato alla Quinzaine des Réalisateurs della scorsa edizione del Festival di Cannes, Sycorax dei registi argentini Matías Piñeiro e Lois Patiño rielabora la storia del primo personaggio femminile de La tempesta di Shakespeare, che nella commedia viene solo accennato senza venire mai approfondito. Come per il lungometraggio Ariel, attualmente in lavorazione, il progetto dei due registi è infatti quello di recuperare i personaggi femminili delle commedie Shakespeariane per restituire loro un immaginario dedicato, fatto di suoni e configurazioni visive. Ed è questo è il punto di partenza di Sycorax: il ritratto di un personaggio dimenticato, una figura nascosta dal dominio e dal privilegio dei protagonisti maschi, le cui posizioni sono messe in discussione attraverso un ribaltamento delle dinamiche di potere.
Arianna Caserta
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