“All I want in life’s a little bit of love to take the pain away”: si apre con queste parole la struggente confessione di Jason Pierce nell’album-coronamento degli Spiritualized Ladies and Gentlemen We Are Floating In Space (1997). Come in tante tra le più riuscite creazioni artistiche, è nella dimensione del dolore – in particolare quello provocato dall’amore – che fluttuano le parole e i suoni di questo incantevole disco.

Non a caso nella title track è la fredda voce di Kate Radley, ex tastierista del gruppo nonché ex fidanzata del frontman, a pronunciare apaticamente le parole d’apertura “Ladies and gentlemen we are floating in space”. Seguono delicate stratificazioni sonore: mentre le linee vocali del ritornello e della strofa si sovrappongono a distanza di un tono, impercettibili melodie di fisarmonica e di violino attraversano un universo di suoni sintetici. L’ascoltatore ha così l’impressione di sollevarsi da terra e levitare verso lo spazio, come se Pierce stesse sussurrando: “Siamo tutti sulla stessa navicella spaziale, fluttuanti nel vuoto e soli con il nostro dolore”. Questo graduale distacco dalla Terra si fa veicolo di uno dei temi più ricorrenti del disco, ovvero i legami affettivi che creano una piacevole dipendenza o recano sofferenza, dai quali bisognerebbe fuggire, ammesso che si riesca a liberarsene; legami talmente forti da essere destinati a spezzarsi.

Cosciente del dolore che permea l’intero universo, Pierce invoca l’unione come unica arma in sua difesa (Come Together), mentre in I Think I’m In Love quello stesso legame vitale assume l’aspetto di una dipendenza, paragonata a quella da eroina. Sulle note di quest’ultimo brano, in bilico tra blues e shoegaze, il cantante racconta la sensazione di libertà che invade l’uomo al momento dell’appagamento di un desiderio, ma che nelle strofe successive si rivelerà una mera illusione. Segue una totale vanificazione dell’effetto rigenerante della droga e dell’amore, destinato a sfociare dopo pochi attimi in una soffocante sensazione di tedio (“I think I’m alive, probably just breathin’, I think you stole my heart now, baby, probably just thievin’. I think I’m on fire, probably just smokin’, I think that you’re my dream girl, probably just dreamin’. I think I’m the best, babe, ome on, probably like all the rest, I think that I could be your man, oh, probably just thinkin’. I think I’m in love”). D’improvviso, però, nel corpo intorpidito del cantante si risveglia una febbrile esigenza d’amore: All of My Thoughts si accende di allegre tastiere che creano atmosfere primaverili e di trombe che annunciano il trionfale ritorno del desiderio, più tardi surclassate dal trambusto di lancinanti rumorismi e aggressive fisarmoniche country.

Il racconto della dipendenza come esito di un legame morboso cede il passo all’assenza dello stesso. Il post-rock di No God Only Religion porta a galla il senso criptico del disco: campane che suonano in alternanza a festa e a morto scandiscono il tempo segnando l’inizio e la fine del brano, mentre nel cuore della traccia avanza estenuante una tensione di trombe impazzite, batteria e suoni che ricordano i rumori urbani. Come suggerisce il titolo del brano, anche in questo caso Pierce sta parlando di legami (“religo”) e, più precisamente, del senso di vuoto che lasciano spezzandosi. Viene infatti brutalmente negata la presenza di un’entità divina o spirituale: all’uomo non resta alcuna possibilità se non quella di stringere legami terreni e sottoposti a un termine prestabilito.

Pierce sublima la propria sofferenza in dolore cosmico che pervade l’universo e l’intera composizione degli Spiritualized. Ladies and Gentlemen We Are Floating In Space è un lavoro talmente riuscito da aver segnato un punto di non ritorno non solo per la band, ma anche per il rock inglese degli anni ‘90. La sublime e magniloquente opera degli Spiritualized – alla cui realizzazione hanno preso parte il London Community Choir e numerosi produttori, ingegneri del suono e arrangiatori – ospita i più disparati generi musicali (dal jazz allo shoegaze, dal gospel al blues, fino alle forti influenze garage e alternative rock di Stooges e Velvet Underground), ciascuno dei quali aggiunge una sfumatura di eloquenza alle toccanti parole di Jason Pierce.

Federica Romanò