In una Londra distopica dominata da una dittatura orwelliana (ma come non accostarla anche ai più concreti regimi del terrore visti nel corso della storia?), un anti-eroe mascherato, anarchico e sovversivo si esprime per massime shakespeariane: direttamente dal graphic novel di Alan Moore e David Lloyd esce nel 2005 V per Vendetta, a pochi mesi dagli attentati terroristici londinesi. Dalla collaborazione tra il regista J. McTeigue e i fratelli Wachowsky nacque così un film che non vuole essere realistico, ma piuttosto offrire spunti di riflessione e sollevare quesiti sulla falsa riga della fatidica domanda: “e se fosse davvero così?”

V per Vendetta (ri)propone una società totalitaria e oppressiva immersa in futuro distopico ma tremendamente attuale in cui un dittatore nega qualsiasi libertà e individualità tramite sistemi di sorveglianza e una sistematica censura. Lo spettatore si ritrova così immerso in un continuum tra la propria realtà (riprodotta dal setting) e l’utopia frutto degli ideali rivoluzionari e libertari veicolati dal mascherato V (Hugo Weaving) e da Evey (Natalie Portman). Il termine “anarchia”, però, necessita di una contestualizzare ben precisa ed è da intendere in senso lato, più come fenomeno culturale che politico-ideologico: si tratta di una forza in grado di capovolgere il governo centrale per mezzo della violenza giustificata dalla promessa di difendere la libertà e di realizzare una società non autoritaria. La maschera di V, infatti, si rifà a Guy Fawkes, personaggio storico legato al fallimentare complotto per far esplodere il parlamento nel 1604 (“Congiura delle polveri” o “Gunpowder Plot”), e si erge a modello esemplare per gli anarchici e come personificazione di ciò che è bulletproof, ovvero “l’idea”. V, infatti, non si definisce persona ma puro ideale, incarnazione dell’anarchia, e ne diviene mezzo di diffusione. Ma il messaggio non si esaurirà con la sua morte proprio perché gli ideali sono eterni, a prova di proiettile e non perderanno mai il proprio potere. Quello di V è un compito di fondamentale importanza: il risveglio delle coscienze collettive. Di recente, inoltre, la figura è entrata nella controcultura, diventando ad esempio il simbolo di Anonymus.  

v per vendetta

L’ottima interpretazione di Hugo Weaving, capace di comunicare in modo efficace nonostante l’immobilità del  volto mascherato, ha un effetto ipnotico e affascinante che porta il pubblico quasi a giustificare le sue azioni così drastiche. Aanti-eroe carismatico e beffardo fino all’eccesso, V introduce se stesso nel monologo d’apertura con un savoir faire squisitamente teatrale, prova della paradossale empatia che riesce a creare con il pubblico: “A vendetta, held as votive, not in vain, for the value and veracity of such shall one day vindicate the vigilant and the virtuous. Yet verily, this vichyssoise of verbiage veers most verbose, so let me simply add that it’s my very good honour to meet you, and you may call me V”.

La storia insegna che la lotta non violenta può essere una delle possibilità per ottenere giustizia, in fondo è così che anche Martin Luter King riuscì a far proclamare il Voting Right Act ponendo fine alla discriminazione razziale, ma V non poteva reagire passivamente in questo specifico e metaforico contesto portato all’estremo dal regista per mettere in guardia il pubblico e arrivare dritto alle coscienze. Un messaggio, per risultare efficace, non può che essere di forte impatto, violento, ma la violenza di V per Vendetta non è mai né gratuita né stupida, è bensì indiscutibilmente mirata a rovesciare il potere costituito, oppressivo e umiliante per i cittadini. Il film si inserisce così in una prospettiva di relativismo assoluto in cui non esiste una netta distinzione tra Bene e Male: la violenza diventa un mezzo per un fine, nonostante la più grande forza dell’uomo consista secondo V nella consapevolezza, non nella forza.

Quando il legame tra fatti e fiction è così labile, diventa di cruciale importanza il rapporto che intercorre tra regista e spettatore, legati da una dialettica di codificazione-decodificazione: il primo aggiunge alla realtà elementi di finzione che rispecchiano il proprio punto di vista, mentre il compito del secondo sarà quello di scovare il significato della storia e di V. A ognuno la propria interpretazione, a tutti la sicurezza dell’immortalità degli ideali e della loro straordinaria potenza.

Il film si conclude sulla sinfonia incalzante di Tchaikovsky Ouverture 1812, sullo sfondo di esplosioni e fuochi d’artificio. Alla fine, V per Vendetta non è che una grande lezione di libertà: V per Vendetta e V per Vittoria.

Vittoria Leardini