Forse non tutti sanno che “O Capitano! Mio Capitano!” è il titolo di una poesia che Walt Whitman dedicò ad Abraham Lincoln per celebrarne la morte. Ed è da lì che arriva il motto de L’attimo fuggente (1989), il popolarissimo film del regista australiano Peter Weir. La pellicola è un inno alla libertà individuale, al diritto del singolo di manifestare la propria personalità, di fare le proprie scelte e di insorgere contro gli schemi sociali prestabiliti, contro quelle regole considerate immutabili e intoccabili che devono invece essere messe in discussione. Ma la storia non è ambientata in uno stato antidemocratico, bensì in un Paese che ha fatto della sovranità popolare e della libertà il proprio tratto distintivo: gli Stati Uniti.

Nello specifico il film mette in discussione, tramite l’iconica figura del professore John Keating (Robin Williams), il sistema educativo tradizionale e i suoi effetti sugli studenti, su quei giovani in via di maturazione che stanno compiendo i passi decisivi verso il loro futuro professionale. La struttura scolastica si fa allora metafora della società, ricreando in scala il rapporto che intercorre tra l’essere umano come individuo e la società civile nel suo insieme. Immaginate cosa può accadere in una scuola che fa della tradizione, dell’onore, della disciplina e dell’eccellenza un mantra nel momento in cui arriva un nuovo professore controcorrente – tra l’atro ex allievo di quella scuola –, che per prima cosa invita i suoi studenti a strappare le pagine introduttive del libro di poesia e a saltare a piè pari interi capitoli per dedicarsi a poeti e filosofi meno noti, come il già citato Walt Whitman, cantore della libertà individuale, o Ralph Waldo Emerson, sostenitore del valore del singolo nei rapporti con l’universo e la società.

Keating non costringe gli alunni a imparare nozioni di poesia: li sprona a godersi la vita, rivelando loro la bellezza del mondo. Senza la pretesa di essere indipendente dal sistema, Keating mostra semplicemente ai ragazzi interessati un modo per essere liberi. Il motto, nonché stile di vita, di questi neonati “poeti estinti” (o “dead poets”, termine con cui gli alunni del nuovo insegnante-mentore decideranno di identificarsi) è carpe diem: l’agire per se stessi, per il proprio piacere, senza preoccuparsi di eventuali sconfitte o trionfi. L’alternativa al conformismo non è una rivolta violenta contro le istituzioni scolastiche, ma un’autonomia ideologica e spirituale, coltivata proprio all’interno della Dead Poets Society.

Con l’evolversi della trama, mentre cresce l’interesse degli studenti per Mr. Keating e per le sue idee, gli eventi attorno ai protagonisti precipitano. Neil Perry (Robert Sean Leonard), il suo studente migliore, non vorrà più accettare le imposizioni autoritarie della sua famiglia e arriverà a togliersi la vita pur di non rinunciare al sogno di diventare un attore. Il ribelle e brillante Charlie Dalton (Gale Hansen) verrà espulso dalla scuola per i suoi continui atti indisciplinati. Infine lo stesso Keating, capro espiatorio degli scandali accaduti ai suoi ragazzi, sarà licenziato con discredito dal college. Ma, dopo tutto, è questo il destino dei ribelli, di chi non si vuole confondere nella massa e sceglie di ascoltare una voce diversa rispetto a quella del conformismo.

Nella scena finale, quando il professore sta per lasciare la sua classe, il preside fa leggere ai ragazzi la pagina che Keating gli aveva fatto strappare il primo giorno di lezione per far capire loro che la poesia non è una materia da critici o accademici ma un’esperienza vitale che nutre lo spirito dell’uomo. Ma accade qualcosa di inaspettato: gli studenti, uno a uno, si alzano in piedi sui banchi e salutano il professore con la famosa citazione di Whitman. I suoi alunni, i suoi ragazzi, hanno osato infrangere le regole e si sono messi in piedi sui banchi mentre Mr. Keating li guarda commosso, accennando una smorfia di soddisfazione, consapevole di essere riuscito a trasmettere loro ciò in cui crede.

Una scena toccante, che colpisce ognuno di noi, perché ognuno sente il bisogno di avere un maestro, una guida che ci indichi la strada, incoraggiandoci a dare il massimo e a non mollare mai. Quei ragazzi che si sono alzati in piedi sono diventati uomini liberi.

Mattia Migliarino