Cambia faccia ma non obbiettivi il Milano Film Festival, arrivato quest’anno alla sua XXI edizione. Per tenere compagnia alla schiera di cinefili e curiosi all’urlo dello slogan “Vogliamo i migliori”, il festival cambia sede trasferendosi dal Piccolo Teatro Streheler al cuore del distretto Tortona, e mette le radici nel polo culturale BASE Milano. Il 2016 è dunque un punto di partenza per la rinascita del MFF, da qui la definizione “20+1”: un’edizione che mantenga quei caratteri unici che hanno reso il festival cosi curioso, alternativo e seguito nei vent’anni precedenti, ma con venature di ammodernamento e di novità.
Concorso Lungometraggi
Victoria
Secondo lungometraggio scritto e diretto dalla regista Justine Triet, Victoria è un’esilarante dramma travestito da commedia. Rispettando i canoni della comedie alla francese, la Triet affronta con sagace ironia gli atti processuali portati all’estremo fino all’assurdo, le relazioni che tra gli infiniti “tira e molla” rasentano la follia e le difficoltà di una madre single con un lavoro traballante. In questo vortice di assurdità, ci sarà comunque spazio per un amore sincero e candido, unica salvezza dal baratro per la protagonista Victoria.
Mimosas
Secondo film anche per il regista galiziano Oliver Laxe, che vince con Mimosas il Nespresso Grand Prize della settimana della critica al 69° Festival di Cannes. In effetti, una bella tazza di Nespresso prima di vedere il film non sarebbe una cattiva idea per affrontare questo viaggio minimalista e crypto-western dal sapore mistico. Tuttavia, se siete amanti dei lavori etnografici di Ben Rivers (ringraziato nei titoli di coda) e dei film dell’argentino Lisandro Alonso come Jauja, troverete questo film in linea con i vostri gusti. La maestosa fotografia fa trasparire tutto l’amore di Laxe per i paesaggi e i personaggi che popolano il deserto del Marocco, Paese dove il regista ha vissuto per più di dieci anni.
Focus Philippe Grandieux: Malgré la nuit
Un film dalle tinte lynchiane sulla perdita e la gelosia. Lenz torna a Parigi per ritrovare Madeleine, suo amore perduto: una ricerca che vedrà presto il protagonista coinvolto in un universo sommerso di pornografia estrema da cui sarà difficile scappare. Grandrieux da una parte sperimenta i limiti dell’esperienza umana e le possibilità della macchina da presa, dall’altra esprime un certo desiderio di mantenersi ancorato agli schemi più tradizionali della narrativa cinematografica. Il risultato è un viaggio espressionista composto quasi esclusivamente da dettagli evocativi e primi piani che catapultano lo spettatore in un enigma narrativo fatto di introspettivi mise en abyme. Malgré la Nuit è una poesia che punge con il fascino del suo mondo sensuale, oscuro e segreto. Dalla natura ambivalente, la pellicola non è un puzzle da risolvere con la ragione e la logica, è un caleidoscopio di immagini dentro il quale lasciarsi trasportare.
Focus Albert Serra: La mort de Louis XIV
Presentato al 69° Festival di Cannes e proiettato in anteprima nazionale al MFF, La Mort De Louis XIV vuole demitizzare la morte di Luigi XIV servendosi di uno stile opposto ai canoni di ampio respiro tipici del regista. Albert Serra conduce lo spettatore nella stanza del monarca con riprese claustrofobiche e dal sapore voyeuristico per seguire gli ultimi giorni del Re di Francia da un punto di vista profondamente critico, volto a distruggere il mito di una figura e di una nazione. Interpretato da un fantastico Jean-Pierre Lèaud, tra i volti più noti della Nouvelle Vague, il Re Sole è una figura fisicamente colossale, metafora anche visiva della distruzione che la “grande” Francia dovrà affrontare negli anni successivi.
Omaggio a Andrzej Zulawski: Cosmos
Il film del cineasta polacco recentemente scomparso, ispirato al romanzo Cosmo del suo connazionale Gombrowicz, unisce il surrealismo della trama a una comunicazione simbolico-gestuale, resa ancora più efficace dalle performance degli attori. Zulawski, non estraneo a tali tipologie di film, non riesce però a tenere le redini del suo lavoro, scivolando verso un intellettualismo di nicchia e fine a se stesso.
Pleasure & Pain: The Witch
Focus animazione: Maratona
Appuntamento annuale imperdibile, la maratona di corti di animazione al Cineteatro San Carlo – MI MAT ha offerto una strabiliante varietà di proposte, sia per tematiche che per tecniche. Dal provocatorio documentario Le clitoris di Lori Malépart-Traversy al riflessivo Fired on Mars di Nate Sherman e Nick Vokey, passando per il conturbante Velodrool di Sander Joon e l’allucinato Little Big Awesome di Sung Jin Ahn, le quattro ore sono state tra le più stimolanti e interessanti di tutto il festival. Un’occasione per vedere sul grande schermo pellicole altrimenti prive, ingiustamente, della distribuzione che meriterebbero.
Eventi speciali
Le ragazze del porno VS De gustibus
Avevamo già visto Queen Kong di Monica Stambrini in anteprima nazionale alla 52a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, ma guardarlo di nuovo sul grande schermo è stata una preziosa occasione per confermare il nostro entusiasmo verso questo porno d’autore che scardina stereotipi culturali pericolosi come lo slut shaming, terribile protagonista di recenti fatti di cronaca. Per leggere la nostra recensione completa clicca qui.
La vera novità per noi è stato Insight di Lidia Ravviso e Slavina, un altro porno raffinato volto alla valorizzazione di un genere dal pubblico vastissimo eppure rifiutato dalle case di produzione, incapaci di liberarsi di tabù e preconcetti. “Ci siamo concentrate sulla figa che, per quanto presente nel porno mainstream, non è centrale nell’immaginario”, ma in Insight lo è eccome, sia nei primi piani che nei campi larghi della seconda parte. La masturbazione femminile, spesso surclassata da quella maschile a causa di generalizzazioni e stereotipi culturali, è l’oggetto privilegiato dello sguardo dell’uomo seduto di fronte alla ragazza protagonista, punto di vista che viene a coincidere con il voyeurimo del pubblico. Lui è immobile ma, nonostante non si veda quasi mai, ne si percepisce la presenza eccitata, in balia della ragazza che gode: è lei che comanda.
Uncle Howard
Un intricato racconto che mischia passato e presente. Da una parte la storia di Howard Brookner, regista che documentò la rivoluzione culturale della New York a metà tra gli anni ‘70 e ‘80, dall’altra il viaggio introspettivo del nipote (il regista Aaron Brookner, appunto), intrapreso per disvelare al pubblico il lavoro e l’epopea di suo zio Howard, morto prematuramente di AIDS nel 1989. Un documentario che racconta uomini e luoghi di una New York ormai scomparsa.
cAPEnorth
Vincitore come Miglior cortometraggio dell’Infinity Film Festival, cAPEnorth di Francesca Casagrande e Michel Dalle segue il folle viaggio dei due giovani Henry Favre e Ludovico Botalla, partiti da Aosta in Ape alla conquista del punto più alto d’Europa. Film dall’estetica nordica di altissima qualità formale, cAPEnorth sorvola sugli aspetti pratici del viaggio per sottolineare il vero viaggio, quello dell’anima, senza mai scivolare in sterile intimismo o noioso reportage. Protagonisti assoluti sono il paesaggio e la natura, valorizzati da una fotografia splendida: al termine dei titoli di coda, l’unico desiderio è quello di fare le valigie e partire all’istante.
Gimme Danger
Dopo la delusione dei suoi ultimi lungometraggi, Jim Jarmusch si cimenta in un secondo documentario, questa volta per rendere omaggio ai The Stooges, la band che ha dato i natali all’icona Iggy Pop e a una radicale rivoluzione musicale: dopo di loro, la musica non sarà più la stessa. Interviste, materiali video e foto d’archivio vengono giustapposti da Jarmush con un montaggio vivace, reso ancora più accattivante da effetti estetici psichedelici e allucinatori. Un’accuratissima opera di ricostruzione storica a tutto tondo che coinvolge lo spettatore e lo getta per quasi due ore negli anni ’70, senza possibilità di fuga.
Andrea Mauri, Mattia Migliarino e Benedetta Pini,
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