Voto

3.5

Italia, anni ’50. Ciccio Paradiso (Riccardo Scamarcio) vive a Gavina, un paesino della Puglia insieme alla moglie e al figlio Rocchino. In quanto sciupafemmine incallito – noto da tutti per le sue frequenti infedeltà -, Ciccio inizia una relazione clandestina con Bianca (Gaia Bermani Amaral), figlia maggiore di Cumpà Schettino, violento proprietario terriero che detta legge su tutta la popolazione del paese, inclusi i contadini come lui. Con lei, Ciccio inizia a sognare una vita lontana dallo sfruttamento, dagli ulivi e dalla terra, fantasticando sulle note di Que reste-t-il de nos amours, la hit del grande Charles Trenet. Oltre alle conquiste, Ciccio ha anche la stoffa da leader, e decide di farsi carico del fermento sociale che anima i suoi compaesani, diventando la voce principale del coro degli sfruttati contro i padroni.

Ispirandosi a un fatto di cronaca avvenuto in Lucania durante gli anni ’50 del secolo scorso, il regista Rocco Ricciardulli, affiancato da Scamarcio non solo nel ruolo di protagonista, ma anche in quello di co-sceneggiatore e produttore, scrive e dirige un film che risulta pressapochista, prevedibile e snervato, approdando a un finale improbabile – se non del tutto assurdo e delirante. La scrittura, infatti, si presenta piena di sbavature, superficialità e cliché: la vendetta privata come unica forma di giustizia, l’omertà incancrenita in tutti gli abitanti di Gavina, una serie di stupri, omicidi e evirazioni efferati solo raccontati e mai mostrati, in una narrazione bonariamente oscurantista che ricorda quei genitori che si affrettano a coprire gli occhi ai figli di fronte a scene cruente. Il film sfiora anche un certo tono grottesco quando si assiste allo sdoppiamento di Scamarcio nei ruoli di entrambi i gemelli Paradiso: uno con i baffi, l’altro senza; una scelta registica inconsapevolmente trash.

L’ultimo Paradiso mischia e rimischia importantissime tematiche sociali come la lotta al caporalato agricolo e l’indipendenza femminile dal patriarcato facendole scivolare nel nulla, messe in secondo piano rispetto a una storia d’amore posticcia e kitsch.

Rébecca Mathilde Romano-Sénès