Jack è un meticoloso ingegnere con le velleità artistiche e filosofiche di un architetto, una figura terrena con poteri demiurgici e creativi fuori dal comune, quasi divini. Il suo bagaglio tecnico e nozionistico è strettamente legato al disturbo ossessivo compulsivo da cui è affetto, che lo porta a uccidere ancora e ancora in modo metodico, vedendo ogni omicidio come una tappa necessaria di un percorso finalizzato al compimento dell’opera d’arte perfetta. Tra ego trip e deliri intellettualistici, Jack continua a mietere vittime in modo seriale, seguendo fedelmente uno schema preordinato dalla sua mente malata, non dissimile dal modus operandi di un musicista che si attiene a uno spartito.

Una meticolosità che trova un corrispettivo nella cura registica di Lars von Trier, inclusa la costruzione della colonna sonora: pochi brani scelti con minuzia, la stessa di un architetto che segue il proprio schema mentale assemblando i materiali secondo modalità che potrebbero essere considerate cacofoniche o errate. Dietro alle scelte musicali de La casa di Jack si cela dunque una mappa ben precisa ma appena percepibile, che è la chiave per accedere alla mente del protagonista. Se ve la siete persa o non siete così sicuri di averla colta, eccovi cinque momenti in cui si rivela, diventando accessibile:

1. “Mostrami la via per il whiskey bar più vicino”

Questa la richiesta disperata cantata dai Doors in Alabama Song e citata ripetutamente nel film da Virgilio/Bruno Ganz durante i dialoghi con Jack/Mister Raffinatezza. Una frase che col pretesto di farsi una spensierata bevuta in compagnia sotto alla luna dell’Alabama cela un velo di tetra malinconia; la stessa che permea la rassegnazione del dantesco Virgilio di fronte al suo assistito, irrimediabilmente condannato alle pene dell’inferno. Il brano deriva da un poema di Brecht pubblicato nel 1927 nella raccolta di poesie Hauspostille (Libro di devozioni domestiche), verrà successivamente ripreso in inglese e musicato dallo stesso Brecht, per poi essere modificato da Kirt Weill per l’opera Ein Songspiel nach Texten von Bertolt Brecht e infine ripreso da vari artisti, tra cui David Bowie e Marilyn Manson. Cantata da una prostituta come inno alla vita dissoluta di una gang, tra sesso, alcol e droghe, la canzone descrive una vita lontana dalla sofisticata esistenza di Jack, eppure vicina al suo sentire, al suo disperato bisogno di una distrazione che possa allontanarlo dai propri demoni prima che sia troppo tardi, “perché se non lo troveremo, ti assicuro che moriremo” – continua il testo.

2. “Non hai bisogno di un meteorologo per sapere da che parte soffia il vento”

Questo il cinico suggerimento di Bob Dylan del 1965 in Subterranean Homesick Blues. Lars von Trier cita apertamente il video della canzone durante gli intermezzi teorici in cuiJack mostra man mano diversi cartelli che illustrano le parole chiave del suo sproloquio – o geniale monologo – con cui spiega il disturbo ossessivo-compulsivo dal quale è affetto. Una modalità degna di un programma culturale, dove Jack dialoga in modo ironico e autoironico con i propri spettatori, salvo il fatto che i suoi contenuti verrebbero censurati dalle televisioni nazionali. Se i significati politici e sociali dietro al brano non trovano alcun riscontro diretto nelle tematiche affrontate dal film, i consigli che Dylan propina al ragazzo con cui parla possono servire da monito anche per Jack: cerca di ottenere successo, non essere un fannullone, non seguire pedissequamente i dettami dei leader. Jack, a suo modo, è infatti un artista libero, che vuole creare un capolavoro a discapito di ogni regola.

3. “Non guardare le azioni, guarda i lavori”

Vivaldi mai avrebbe potuto immaginare che la sua musica sarebbe stata associata a una scena così spietata. Dopo un excursus storico sulle regole della caccia, traslitterate con inquietante lucidità sulla persecuzione di vittime umane, l’inquadratura vola verso l’alto e mostra con imperiosa e trionfale solennità, che ben si adatta alla composizione classica di sottofondo alle immagini, il fotogramma dell’esito della strage perpetrata dal protagonista. Il legame familiare tradito, il sacrificio umano in nome del bello, unito alla magnificenza di Vivaldi, dà origine non solo a un trionfo musicale di grande energia, ma anche a un delirio di egocentrismo e ossessione estetica da far impallidire Kant e gioire Nietzsche.

4. “La fama è la fiamma che ti brucia per mantenere la tua follia”

È nota l’ossessione di von Trier per David Bowie, che viene citato in molti dei suoi film, tra cui Dogville (2003) con Young Americans (1975). Bowie rappresenta per lui un idolo, un’icona – concetto illustrato nella fine digressione di Jack sul potere delle icone –, che ricopre quella funzione mitica a cui lo stesso von Trier ambisce. La canzone di Bowie citata nel film è Fame del 1975: Jack non uccide per essere ricordato, ma, ribaltando il paradigma, uccide per affermarsi, per ricordare chi è e chi può essere.  

5. “Vattene via Jack, lungo la strada, e non tornare mai più”

L’ironia è autoevidente: i titoli di coda del viaggio dantesco di von Trier sulle note di Hit the Road Jack di Ray Charles non rinunciano a un tocco di pungente sagacia. Jack ha osato, non si è accontentato, ha sfidato persino i divieti divini, ha visto l’inferno in terra e l’inferno vero e proprio, ha ucciso, torturato; finché la sua concezione estetica ha subissato ogni etica. Ma l’ora di lasciare il mondo arriva per tutti, eppure l’alter ego musicale di Jack si concretizza nelle parole Ray Charles: invitato ad andarsene, si ribella, convinto di non meritare di essere trattato così male, e promette che un giorno ritornerà. Nell’universo multiforme e imprevedibile plasmato da von Trier, tutto è possibile, anche che Jack ritorni, se non materialmente, nelle azioni e nelle memorie di chi ne rimarrà affascinato.

Federico Squillacioti