Voto

7

Dopo il mancato debutto sul grande schermo, inizialmente previsto per il 3, 4 e 5 novembre 2020 ma bloccato (insieme a tanti altri, di nuovo) dalle nuove misure di contenimento della pandemia di Covid-19, arriva su Netflix il primo lungometraggio firmato Edoardo Ponti, La vita davanti a sé. Adattamento dell’omonimo romanzo del 1975 di Romain Gary, il regista italiano ne mantiene i personaggi ma non le atmosfere: sceglie Bari invece che Parigi e si discosta dalla storia dello scrittore francese per epoche e culture, mostrando e una realtà a tratti fiabesca – con allegorie in computer graphics che tuttavia stridono con l’impianto estetico e narrativo del film – ma cruda, estremamente attuale e necessaria. 

In un sud Italia dove gli ultimi e gli emarginati faticano a trovare i loro legittimi spazi, prende vita la storia di Momò, bambino musulmano dalla provenienza tanto dolorosa quanto misteriosa, e del suo incontro con Madame Rosa, ebrea ed ex prostituta sopravvissuta all’Olocausto, una donna carica, silenziosamente, di traumi violenti. A interpretarla l’iconica attrice, nonché madre del regista, Sophia Loren che, riconfermando la sua iconicità, è tuttavia calata in un universo narrativo non sempre capace di valorizzarne l’intensità e di calibrarla con le altre componenti sceniche, finendo a tratti col metterle in ombra. Storia di differenze e similitudini, La vita davanti a sé racconta come a diverse origini possano corrispondere uguali dolori e uguali bisogni, in vista di un futuro comune pieno di promesse.

La vita davanti a sé è anche la storia della parola “madre” nelle sue molteplici accezioni. In primis, la madre per eccellenza, la madre del regista Edoardo Ponti, appunto, Sophia Loren. Una donna che non è solamente madre di un figlio ma è anche madrina e simbolo di un intero cinema passato ed eterno, che è e sempre sarà monito per quello di oggi. Emblematico diventa allora il passaggio temporale di Loren da passato a presente, da classico a contemporaneo, attraverso la sua partecipazione a un film che incontra il suo pubblico direttamente su una piattaforma streaming, segnando una piccola rivoluzione. La parola “madre” rimanda anche al concetto di casa, a quel luogo sicuro in cui tornare – proprio come l’abitazione di Madame Rosa, ormai tramutata in asilo per bambini senza dimora –, ma anche e soprattutto spazio identitario di rafforzamento della propria cultura e allo stesso tempo di superamento delle frontiere geografiche, linguistiche e culturali.

Un film ricco di tematiche, simbologie e pertinenti citazioni a I Miserabili di Victor Hugo, epopea degli emarginati e degli ultimi per eccellenza. Con pregi e difetti, La vita davanti a sé si presenta come un titolo dai nobili propositi e veicolo di valori già raccontati ma mai abbastanza ripetuti. Un esordio coraggioso, che non ha abbassato la testa di fronte alla grande crisi che sta colpendo il settore, e solido, grazie alla possibilità di contare su un volto che ha letteralmente fatto la storia, in grado di garantire l’attenzione di diversi settori di pubblico.

Chiara Ghidelli