A settembre del 2005 La sposa cadavere di Tim Burton usciva nelle sale italiane e l’anno successivo gareggiava per l’Oscar come miglior film d’animazione. Oggi, a distanza di 16 anni, continua ad affascinare con la sfacciata vivacità ossimorica di personaggi lugubri quali scheletri musicisti e cadaveri ballerini, in netto contrasto con la rappresentazione di un mondo dei vivi rigido e passivo. Il film è infatti ormai un appuntamento fisso di Halloween, e ora è entrato nel catalogo Netflix, disponibile in streaming da febbraio 2021. Come Jack e Sally di Nightmare Before Christmas prima di loro, infatti, la coppia protagonista formata da Victor e Emily è diventata iconica nella cultura di massa (complici le voci dei beniamini burtoniani Johnny Depp e Helena Bonham Carter), al punto da ridurre spesso il film a un mero racconto della loro storia d’amore impossibile. Ma ne La sposa cadavere c’è molto più di questo, e riguardarlo oggi permette di cogliere la forza incarnata dalla sposa Emily, un vero e proprio esempio di emancipazione femminista, che solleva riflessioni su autodeterminazione, empowerment e solidarietà, che fanno de La sposa cadavere un’inaspettata anticipazione del contemporaneo cinema girl power.

La fiaba burtoniana si apre con una consuetudine propria del genere romantico: una condizione di prigionia a cui l’eroina è costretta a causa di un uomo, in questo caso Lord Barkis, che l’ha sedotta e poi uccisa per ottenere la sua dote, relegandola a un limbo tra la vita e la morte. A differenza dell’irrefrenabile gioia di vivere post mortem degli altri abitanti dell’aldilà, infatti, la defunta sposa soffre ancora per il dolore della vita passata, in attesa di ricevere il giuramento di matrimonio che non era mai arrivato la notte in cui è stata uccisa. Finché, un giorno, le si presenta l’occasione di poter riscattare l’orgoglio ferito: per errore di ritrova sposata con l’umano Victor Van Dort, promesso sposo a un’altra donna di cui è innamorato, Victoria Everglot.

Victor è un personaggio passivo, costantemente in balia di decisioni altrui (deve sposare Victoria per volere dei genitori, è incastrato nel matrimonio con Emily per sbaglio), innocuo e codardo, incapace di lottare davvero per ciò a cui tiene; Emily al contrario è dinamica, determinata e motore dell’intera storia. Una dicotomia psicologica di genere che torna ripetutamente nel film, investendo tutte le coppie che lo popolano secondo diverse sfumature: i signori Van Dort e Everglot vengono costantemente scherniti e sottomessi dalle autoritarie consorti; il cacciatore di doti Lord Barkis, nonostante sia un assassino, dipende economicamente dalle sue vittime poiché povero in canna; nella coppia comica di locandieri cadaverici la cuoca si prende gioco costantemente dello sciocco aiutante (che ha un eloquente coltello incastrato nel cervello).

Se da un lato il film prende le distanze dalle dinamiche della cultura patriarcale, dall’altro la struttura del racconto fa emergere una realtà uguale ma contraria, dove l’affermazione della donna si manifesta attraverso un’evidente svalutazione dell’uomo. Tra questi due estremi si pone Emily, unico personaggio del film a passare attraverso un’evoluzione: in procinto di realizzare il sogno di una vita e oltre, Emily si tira indietro per l’amore di Victor e soprattutto per solidarietà nei confronti della sposa avversaria, Victoria, che non vuole privare del lieto fine come Lord Barkis fece con lei. La rivalità si trasforma in sorellanza e, soprattutto, il rancore lascia spazio all’accettazione: Emily decide di risparmiare il suo carnefice, capendo che solo lasciando andare il desiderio di vendetta e il tormento potrà trovare salvazione. La protagonista rifiuta i due estremi, tanto la meschinità dei vivi quanto la risolutezza dei morti, e si autodetermina attraverso un sacrificio che nasconde la vittoria più grande: la consapevolezza che la libertà e la redenzione sono sempre state nelle sue mani e che nessun uomo avrebbe mai potuto salvarla meglio di quanto potesse fare lei stessa. Un messaggio semplice ma intenso che trasforma la triste storia di una sposa defunta in una fiaba di rinascita e affermazione femminile.

Diletta Culla