Il genere legal drama fa venire in mente un insieme piuttosto vasto di serie televisive, capaci di declinarlo in vario modo: dalla serietà di Law and Order alla brillantezza di Ally McBeal, passando per le vicende personali e professionali di The Good Wife e arrivando a opere dove l’aspetto legale fa più che altro da contorno, come Better Call Saul – recentemente concluso e considerato perfino migliore del suo nobile genitore Breaking Bad – o She-Hulk, ancora in corso di trasmissione e inserito nell’universo cinematografico Marvel. Ci sono poi situazioni in cui l’aspetto legale esce dalla finzione del legal drama ed entra con prepotenza nella vita di tutti i giorni: è questo il caso de La Regina degli Scacchi, oggetto di una vicenda giudiziaria conclusasi giusto nei giorni scorsi in maniera abbastanza rumorosa. Ma facciamo un passo indietro.

La serie, che avevamo già recensito, è stata una delle produzioni recenti maggiormente apprezzate di Netflix, riscuotendo numerosi riconoscimenti a Emmy Awards, Golden Globe e degli Screen Actors Awards 2021. Basate sul libro del 1983 The Queen’s Gambit di Walter Trevis, le 7 puntate, distribuite sulla piattaforma streaming nel 2020, seguono le vicende di Beth Harmon (Anya Taylor-Joy) nel mondo degli scacchi, percorrendone i progressi dagli esordi in orfanotrofio fino alle partite di livello internazionale. Particolarmente netta la contrapposizione tra gli scacchi, una delle discipline che richiede più concentrazione, e la vita personale della protagonista, caratterizzata da numerosi problemi anche riconducibili alla sua giovinezza; inoltre, sono evidenti i richiami, della serie come del libro, alla storia di Bobby Fischer, unico statunitense in grado di imporsi sui giocatori dell’Unione Sovietica in un periodo in cui gli scacchi erano di appannaggio pressoché esclusivo di questi ultimi.

Durante l’ultima puntata, in un dialogo si fa riferimento a Nona Gaprindašvili, commentando come questa fosse una campionessa femminile di scacchi che non aveva mai sfidato uomini. Questo personaggio, però, non è fittizio come gli altri: Nona Terent’evna Gaprindašvili fu una nota scacchista sovietica, per la precisione georgiana, attiva nello stesso periodo in cui è ambientata la serie, nonché la prima donna in assoluto a vedersi riconosciuto il titolo di Gran Maestro. Ma, e qui sorge la questione legale, non è vero che non avesse sfidato avversari uomini. Nel corso della sua carriera, infatti, la scacchista si è confrontata con numerose controparti maschili, tra cui dieci Gran Maestri prima del 1968, anno in cui nella serie viene pronunciata la frase contestata. Lo scorso gennaio, l’ormai ottantenne Gaprindašvili si è rivolta a un giudice per il danneggiamento della propria reputazione in seguito alle inesatte e parziali affermazioni fatte dalla serie tv, domandando un risarcimento milionario. Il gigante dello streaming, da parte sua, si è difeso negando la sussistenza di alcun pregiudizio: considerando la finzione dell’intero racconto, la frase in questione sarebbe risultata irrilevante a livello di affidabilità storica e dunque non percepibile come inesatta. La richiesta di Netflix è stata quella di un’archiviazione del caso, sulla base del Primo Emendamento della Costituzione statunitense che tutela, tra le altre, la libertà di stampa e di espressione: per la piattaforma di streaming, insomma, nel contesto di fantasia, la pur errata frase non poteva essere riconosciuta come tale dal pubblico e, di conseguenza, risultava tutelata.

Una difesa probabilmente insufficiente, dato che, come emerso negli scorsi giorni, Netflix ha infine deciso di patteggiare con la scacchista georgiana un risarcimento da circa cinque milioni di dollari, chiudendo perciò la questione prima della pronuncia giudiziaria definitiva. Il rifiuto dell’archiviazione, avvenuta lo scorso gennaio, ha verosimilmente spinto i legali della piattaforma di streaming a preferire una chiusura rapida della vertenza, per quanto dispendiosa, rispetto a un suo trascinarsi per un periodo di tempo difficilmente quantificabile. Da qui la recente chiusura del caso, che va ad aggiungersi al lungo elenco di vittorie dell’ormai anziana campionessa di scacchi.