Voto

7

Attrice, ballerina, cantante e punta di diamante della MGM, Judy Garland è stata una delle giovani stelle di Hollywood più conosciute e adorate del XX secolo. Quello di cui ci parla però Judy, ultimo lavoro del regista Rupert Goold, non è nulla di così sfavillante. Al contrario, viene messo in primo piano il risvolto amaro dell’essere una (ex) icona dello spettacolo. Il film racconta infatti dell’ultimo periodo di vita, precario e instabile, di Garland, segnato dall’abuso di alcool e farmaci. Ed è attraverso i flashback che emerge un passato fatto di regole ferree e orari di lavoro durissimi, che ha segnato irrimediabilmente l’infanzia della bambina più amata d’America, ma forse bambina fino in fondo non lo è mai stata.

Il film è un biopic sobrio e pulito, senza pretese, ma a dargli quello slancio in più è proprio il personaggio principale: con straordinaria delicatezza, Renée Zellweger riporta in vita Judy Garland, non tanto con un’estrema somiglianza, ma mostrandola nella sua intimità. La star è messa a nudo di fronte allo spettatore, con tutte le sue fragilità e debolezze, al punto che sembra di poterla conoscere. Tra piccoli momenti di gioia fugace, e i ricordi che ancora lasciano cicatrici sulla sua pelle, si scopre che il desiderio di Judy di incantare ancora il suo pubblico (che la ama, e che lei ama a sua volta) resta l’unica cosa, oltre i figli, che la mantiene a un passo dal baratro.

Giulia Crippa