Muove i primi passi nel mondo dell’arte nella piccola provincia di Brescia, raggiunge il grande schermo e proprio oggi approda al Torino Film Festival. L’attrice Camilla Filippi di strada ne ha fatta: era Cristina di Tutto può succedere, oggi è la protagonista della commedia Il grande passo, il nuovo film di Antonio Padovan e dal 29 novembre vestirà i panni della sensuale Linda Monaco nella prima serie legal thriller antologica della televisione italiana targata Mediaset, Il processo.

Ciao Camilla! So che hai iniziato a recitare da giovanissima, ma come ci sei arrivata?
I miei genitori mi avevano scritto a una scuola media pubblica sperimentale, che nel piano formativo includeva un corso di teatro. Così ho iniziato a frequentarlo, mi sono avvicinata alla recitazione e ho capito che era la mia passione.

Come sei riuscita a farti spazio nel settore partendo da una piccola provincia come quella di Brescia? Come sono stati i tuoi primi provini e quand’è arrivata la svolta?
Brescia negli anni ’90 non era il luogo ideale per dedicarsi a una carriera cinematografica e, a differenza di oggi, c’era una mentalità più chiusa. Inoltre, Internet ancora non esisteva ed era molto più complesso capire come muoversi. Così mi sono rivolta ad un’agenzia di Milano che mi ha assunta e ho iniziato a fare spot per loro, finché ho capito che solo a Roma avrei potuto finalmente dedicarmi al cinema. Il mio primo provino era per un progetto con Monica Guerritore e Ricky Tognazzi, che al nostro primo incontro mi disse: “Guarda, saresti perfetta, peccato per l’accento”. Io mi sono arrabbiata tantissimo, perché non tolleravo di non andare bene su una problematica facilmente risolvibile. Così ho chiesto la possibilità di fare un secondo provino e sono rimasta seduta sulle scale della sede della produzione fino a quando l’organizzatrice dell’epoca, ormai esausta, mi ha chiamata per fare il provino. Mi hanno presa.

Nella tua carriera sei passata dal genere drammatico alla commedia e poi all’horror, cosa cambia nella tua preparazione? Ti ispiri a qualche metodo o modello specifico?
Cerco di lavorare molto sullo storytelling di un personaggio, dosando con cura pesantezza e leggerezza per interpretarlo in maniera naturale. Se tu sai chi sei, sai come reagisci alle cose. Questo è il mio metodo.

In Tutto può succedere interpreti Cristina, un personaggio che rimane sempre un passo indietro per aiutare gli altri ad andare avanti: dal tuo punto di vista, quali sono le difficoltà che una donna deve affrontare nel mondo del lavoro (in particolare per quanto riguarda il mondo dell’intrattenimento)? È una continua negoziazione tra il ruolo di donna predeterminato, le aspettative della società e l’auto realizzazione…
Il mondo maschile schiaccia ancora quello femminile all’interno della narrazione cinematografica perché, di fatto, vengono raccontati di più gli uomini: spesso il protagonista principale è quasi sempre un uomo e, solo in una piccola minoranza, accade il contrario. Per quanto la situazione stia migliorando, noi donne siamo ancora un passo indietro, fatichiamo il doppio per affermarci, per guadagnare. Ma, in fondo, il cinema è lo specchio di un Paese, della realtà in cui viviamo…

A breve ti vedremo nella prima serie legal thriller antologica della rete televisiva Mediaset, Il processo, mentre oggi, al festival di Torino, ti vedremo nel ruolo da protagonista nella commedia Il grande passo. So che hai girato i due progetti in contemporanea, come ti sei preparata per interpretare al meglio i due personaggi?
Amo definire Il grande passo come un film molto poetico, in cui interpreto una contadina. Per affrontare al meglio questo ruolo mi sono informata sul mestiere e devo dire che provenire da una famiglia di contadini mi ha sicuramente permesso di entrare in modo naturale nella parte. Mi sono ispirata alla purezza dell’animo e alla leggerezza, in netto contrasto con il personaggio che interpreto nella serie Il processo. Nella serie sono una donna ricca, molto sofisticata e ben curata. Chiaramente, anche l’abbigliamento dei due personaggi è totalmente diverso: nel film indosso jeans, scarpe da lavoro e porto i capelli spettinati, mentre nella serie indosso vestiti eleganti, ho i capelli ben curati, lisci, lunghi con la frangia. Difficilmente si chiede a un’attore donna di “trasformarsi” al cinema, capita molto di più agli uomini, per questo sono davvero molto contenta di aver avuto la possibilità di farlo.

E cosa pensi dei personaggi femminili che hai impersonato finora? Chi ti piacerebbe interpretare in futuro?
Ho bisogno di cambiare e di fare cose sempre diverse, altrimenti mi annoio. Devo dire che sono contenta di interpretare ne Il processo Linda Monaco, che è l’esatto opposto di Cristina di Tutto può succedere: è un personaggio molto sensuale e per me è stata la prima volta in un ruolo del genere. Uno dei miei sogni è quello di fare è un film d’azione, interpretare un personaggio fisico, che mena e che corre. Purtroppo, in Italia, per noi donne è davvero difficile poterci confrontare con questo tipo di personaggi.

Sei stata la protagonista del film noir In fondo al bosco (diretto da Stefano Lodovichi), in cui il tuo personaggio perdeva il figlio. So che sei stata molto male dopo questo ruolo. Considerando la sensibilità e l’emotività dei personaggi che spesso interpreti, come trovi un equilibrio tra la tua personalità e “il gioco” interpretativo?
Fare questo lavoro è meraviglioso, speciale, però comporta anche una parte di dolore che, per alcuni ruoli, devi decidere di assumere su di te e portarti a casa. Le emozioni dei miei personaggi le devo provare per davvero: mi ritrovo a pensare a cose tristi che mi sono accadute realmente nella vita, attingo da quelle per provare un dolore reale, accedo a ricordi che vorrei solo soffocare per non stare male. Piano piano quel dolore lo metabolizzi, finché non va via e ritorni alla vita normale. Recitare non è facile, è molto difficile, ma è anche un privilegio, perché il tuo dolore trova un via d’uscita.

Considerando l’evoluzione velocissima delle modalità di produzione, distribuzione e fruizione, come immagini il tuo lavoro tra 10 anni?
Penso che non farò più l’attrice. Mi piace recitare, mi diverte tanto ma mi auguro di poter fare altro, come scrivere. Secondo me, fra 10 anni, il problema si riverserà su chi produce e distribuisce cinema. I tempi stanno cambiando, i linguaggi anche e, a un certo punto, dovremmo porci delle domande.

Diventare un attore oggi è piuttosto complesso, soprattutto capire quali scuole frequentare e, in generale, individuare gli step per ottenere risultati concreti, comprese le possibilità rese disponibili dai social network. Quali consigli daresti a un giovane aspirante attore?
Di studiare, di avere cultura, di viaggiare e di fare esperienze di vita. Molte persone vogliono fare gli attori solo per diventare famose. Oggi, quando mi chiedono consigli su Instagram per fare carriera, io rimango sempre sconvolta perché mi riferiscono certe informazioni agghiaccianti reperite tramite Internet. In ogni caso niente è regalato e bisogna impegnarsi per ottenere ciò che si vuole.

Ma se sei “figlio di”, il discorso rimane lo stesso?
Io credo che, se sei figlio di qualcuno, hai più opportunità di poter accedere a un provino o di entrare in certe dinamiche favorevoli. Però, se non sei capace di svolgere il tuo lavoro, non vai da nessuna parte: va vanti solo chi ha davvero talento. Io non accuso chi prende scorciatoie, penso sia normale. Se ci fai caso, i figli di un genitore avvocato o medico, a loro volta, fanno lo stesso. Questo accade perché il contesto in cui vivi necessariamente ti influenza, quindi, di riflesso, provi a emulare chi ti circonda, ma solo se hai capacità e carattere ottieni effettivamente dei risultati.

Velitchka Musumeci