Any Other è un collettivo eterogeneo e centripeto, e per questo è una delle realtà musicali più attive oltre i confini italiani.Il progetto ruota attorno alla figura di Adele Nigro, giovane cantante, chitarrista e songwriter, e alla stretta amicizia che la lega ai suoi musicisti. Il risultato è un inconfondibile sound stratificato, che restituisce le influenze di ogni singola personalità del collettivo, distanziandosi da ciò che invece succede nelle vere e proprie band. A tre anni di distanza dal primo album Silently. Quietly. Going Away. (2015), lo scorso 14 settembre è uscito il loro secondo lavoro in studio: Two, Geography (2018, 42 Records). I brani stupiscono per la maturità cantautoriale dell’artista e per l’approfondita ricerca di suoni e melodie che danno vita a un lavoro autentico e intimo. Abbiamo fatto due chiacchiere con Adele per farci raccontare meglio del progetto.

Two, Geography è un disco molto diverso dal precedente Silently. Quietly. Going Away. A cosa è dovuto questo cambio di direzione?
Non esiste una risposta univoca. Dal primo disco sono passati tre anni, nei quali sono successe tante cose sia dal punto di vista lavorativo sia dal punto di vista strettamente personale. Gli input per il cambiamento sono arrivati sia da dentro che da fuori. Per quanto riguarda me, negli ultimi anni ho iniziato a interessarmi a cose diverse, ho cercato di spingermi al di fuori della mia comfort zone: mi sono approcciata a strumenti nuovi, innanzitutto il sassofono, e ho cominciato a studiare teoria musicale in autonomia. Aver avuto la possibilità di collaborare con tanti artisti diversi mi ha incentivata a esplorare nuovi ambienti. Ho trovato la mia dimensione nel non essere in nessuna dimensione, mi piacciono le zone di intersezione. Penso che il cambiamento sia dovuta alla mia crescita e alla voglia di mettermi alla prova. È stato tutto molto naturale, non programmato.

Le prime impressioni che si hanno del vostro nuovo disco sono l’intimità e la libertà. Fin dalla prima traccia, A Grade, è come se si materializzassero davanti all’ascoltatore delle persone che suonano insieme. È possibile ricondurre a questa cifra collettiva la natura dei brani?
Mi impressiona questa domanda. È strano, perché nessun brano è stato registrato in presa diretta, ed è interessante vedere come un lavoro molto ragionato (non ci sono praticamente momenti di improvvisazione, se non in punti specifici) dia questa impressione. Probabilmente il senso di unione è dato dal fatto che con le persone che hanno lavorato al disco ho dei legami prima affettivi che lavorativi (penso a Marco, che ha suonato piano e synth, e ad Alessandro, il batterista). Il libero flusso che i brani creano è ricercato, soprattutto in A Grade: ci tenevo a far trasparire questa idea di apertura, come di un’impressione volatile e fluida.

Mattia Savelli

Walkthrough è uno dei brani più famosi e significativi del disco. Lo senti anche come uno dei pezzi più intensi e autentici?
Dal punto di vista della trasparenza e della sincerità non trovo un brano più avanti degli altri: è un disco assolutamente onesto, semplicemente perché scrivo delle mie vicende, perciò non può trattarsi di una storia fittizia. Walkthrough è uno dei miei pezzi preferiti. Forse il mio pezzo preferito è Geography: li vedo un po’ come fossero due fratellini. Soprattutto Geography lo sento molto rappresentativo di quello che il disco è: un disordine pieno di cose che alla fine trova un suo senso.

Se dovessi indicare una cifra generale sotto cui racchiudere il disco – esplicita nelle liriche o meno – quale sarebbe?
Dal punto di vista testuale il disco è molto esplicito e compatto: parla di una relazione che prima c’era e poi non c’era più; molto compatto ed esplicito. È questo il filo rosso fra le liriche, ma non c’è niente di nascosto o recondito: tutti i brani sono molto espliciti.

È un tema non approfondito in Silently. Quietly. Going Away. Che cosa è cambiato?
Dal punto di vista contenutistico è completamente diverso: in Two, Geography parlo di amore romantico e di tematiche che avevo tralasciato nel primo disco. In questi anni è cambiata l’esigenza e di conseguenza anche il contenuto, ma non la modalità.

Sono curiose le somiglianze e le differenze fra gli artwork dei due album: c’è una continuità fra i due?
In effetti c’è continuità nelle copertine. Ci sono sempre io, ma sono diametralmente opposte: nella copertina di Silently. Quietly. Going Away. è tutto scuro e non mi si vede, in questa invece c’è molta luce (fredda, ma c’è), ci sono io ma non sono bella, non sono truccata, sembro molto stanca. Essendo un disco che parla di una separazione, mi metto nudo e metto gli affari miei in faccia alla gente. Ci ho messo la faccia: io sono anche questa cosa qui, una persona non per forza forte, che può essere stanca. Mi interessava farmi vedere in un modo in cui di solito non ci si fa vedere. In realtà non l’abbiamo fatta apposta per il disco: dovevamo scattare per la stampa, ma non avevamo intenzione di usarla come copertina. Quando l’ho vista però ho sentito che sarebbe stata quella la copertina.

Riccardo Colombo