Nato a San Diego, California, ma cresciuto in Svizzera in un melting pot di cultura italiana, francese e statunitense, Tatum Rush è il producer di casa Undamento che strizza l’occhio al sound del pop più catchy, ma anche a sofisticate direzioni retrò. Dopo Drinks Alchemici, il suo primo lavoro in lingua italiana, ecco l’ultimo singolo Too Late, prodotto insieme a Ceri. Dalla melodia radiofonica dell’hook all’audace estetica del videoclip girato a Rio De Janeiro, il brano unisce eccesso ed efficacia in una contraddizione frizzante, ed è proprio dalle contraddizioni della vita “trumpiana” e dai cortocircuiti degli incroci culturali prende ispirazione la musica di Tatum Rush. Abbiamo indagato le sue varie influenze internazionali e la nuova fase del suo lavoro in una chiacchierata pochi giorni dopo l’uscita del nuovo singolo.
È uscito per Undamento il tuo nuovo singolo Too Late, una ventata d’aria fresca in vista dell’estate. Raccontaci la genesi di questo brano e la storia della sua produzione.
Too Late è stata scritta quasi per sbaglio nella cameretta di mia sorella in Svizzera: i miei pezzi migliori escono sempre quando meno me lo aspetto. Mi sono ispirato a brani che sono diventati veri e propri inni, come YMCA dei Village People. In questo senso ho cercato di mantenere Too Late il più semplice possibile, mantenendo sempre in primo piano il tema melodico iniziale. A quel punto anche Ceri lo ha approvato e abbiamo sviluppato insieme la produzione del pezzo, cercando di dargli quell’energia un po’ “trumpiana”, eccessiva, dal sapore anni Ottanta.
Nel video ti vediamo correre sulla spiaggia di Rio de Janeiro, con capelli ossigenati e occhiali futuristici. Hai origini italo-svizzere-americane: cos’ha il Brasile in comune col tuo immaginario?
Io sono legato al Brasile da quando ho circa 14 anni: a quell’epoca andai “in fissa” con la musica brasiliana e con la bossa nova, così il Brasile è diventato una sorta di meta da raggiungere, prima o poi. Otto anni fa ho avuto la possibilità di andarci e quell’esperienza mi ha cambiato completamente. A febbraio, dopo un periodo abbastanza difficile, ho avuto la possibilità di tornarci e ho organizzato tutta la produzione del video su Instagram, trovando il regista, la ballerina e la troupe. Arrivato a Rio De Janeiro senza grandi aspettative, mi ha sorpreso quanto professionale fosse in realtà l’equipe che ha lavorato al video. L’idea alla base era solida già prima delle riprese, una sorta di mash-up di Rocky e Flashdance: doveva essere un video dall’estetica esagerata, volutamente eccessiva, per questo motivo Rio era il posto perfetto dove girarlo. Adesso l’idea è quella di pubblicare una versione ufficiale di Too Late “slowed and reverb mix”. In questi giorni poi ho trovato su YouTube una compagnia di danza taiwanese che ha creato una coreografia per Rosé: ho subito chiesto loro di farne una anche per Too Late, non ci credevo! Mi piace l’idea di espandere l’orizzonte culturale di questa canzone.
A proposito delle tue origini, l’anno scorso è uscito il tuo primo EP in italiano, Drinks Alchemici. Hai lanciato il tuo progetto con un disco in inglese, Guru Child (2015), e diversi altri singoli: cosa ti ha spinto a spostarti sull’italiano e come è evoluta la tua musica da allora?
Con Drink Achemici ho riscoperto l’italofonia. Mi capita ancora di scrivere in inglese per altri, ma da quando ho iniziato a collaborare in Italia con Ceri mi sono avvicinato molto alla musica italiana. Il primo artista che mi ha aperto un mondo di possibilità sulla lingua è stato Pop X, Davide Panizza: anni fa ci siamo conosciuti a un suo concerto a Lugano e per me è stato folgorante. Ammiravo la sua capacità di dire qualcosa di avanguardistico, quasi dadaista in italiano e farlo suonare bene. Adesso molti artisti in Italia fanno musica interessantissima e rispetto al passato l’atmosfera è ben più fresca, tanto nel sound quanto nelle liriche.
Lo scorso ottobre è uscito Rosé, brano scritto a quattro mani con Laila Al Habash. Hai collaborato anche con altri artisti in passato: come cambia il tuo approccio alla produzione quando coinvolge altri artisti?
Ultimamente lavoro principalmente con Ceri quando si tratta di produzioni. È un po’ il mio terapista, quando arrivo con idee troppo “jazzy” o complesse riesce sempre a inquadrare l’essenza delle cose, anche spingendo verso una direzione più pop. Diverso è stato lavorare con l’artista Björn Magnusson: lui vive in una torre in Svizzera e usa solo nastri e apparecchiature analogiche, registra il riverbero microfonando una stanza vuota, geniale. Lavorare con Laila è stato molto bello perché ci siamo subito intesi, quasi telepaticamente, lei poi scrive e canta in modo molto efficace. Collaboro molto anche con la mia ragazza, che in arte si chiama Nancy Deleuze.
Descrivi la tua estetica come “consapevolmente vacchiana”, in riferimento a Gianluca Vacchi: come si traduce questo credo nella tua musica?
Tratto figure come Gianluca Vacchi, Donald Trump o Duchamp nello stesso modo. Sono feticci culturali carichi di un certo tipo di valori e non li giudico per le loro ideologie. Li vedo più come personaggi in una cornice grottesca, in una sorta di approccio “warholiano”: prendere le icone e “farne carta da parati”. Non sono nemmeno così informato su Vacchi, ma mi interessa la specie di cortocircuito culturale che creano il suo stile di vita e la sua attitudine “trumpiana”, show-off.
Hai prodotto Too Late insieme a Ceri, uno dei producer più in vista della scena nazionale contemporanea. Quali sono gli artisti della scena italiana che più ti ispirano e con cui ti piacerebbe collaborare?
Ce ne sono molti, ma davvero mi piacerebbe fare un featuring con Gianluca Vacchi, uno in cui compaia solo il suo nome, sarebbe divertentissimo! Apprezzo tanti musicisti italiani: Venerus, Franco126, Colapesce e Dimartino. Mi sento vicino alla musicalità degli artisti di casa Undamento, soprattutto Joan Thiele. Rispetto a una passata esperienza con una label parigina, con Undamento mi sento davvero in famiglia: il loro supporto tecnico e morale è davvero vivo e non ti senti più atomizzato nell’universo vastissimo di internet.
La tua musica è una personale rielaborazione della black music più ritmata e delle sonorità da dancefloor retrò, in un cocktail fresco e coinvolgente. Quali sono i tuoi principali punti di riferimento internazionali?
Sicuramente tantissimo pop internazionale come Daft Punk o The Weekend per esempio, ma anche la wave francese di Sebastian Tellier. Ultimamente sono fissato con un pezzo di Cerrone, Give Me Love. Ho tanti riferimenti anche negli artisti del passato, sia per l’estetica sia per il groove, e in altri generi lontani dal pop: c’è un meraviglioso disco di Marc Ribot Y Los Cubanos Postizos (1998) per esempio che ha una ritmica e un’armonia magiche, il tipo di musica che voglio sentire quando arrivo a una festa. Amo poi la musica atmosferica e nutro una passione inestinguibile per i Velvet Underground. Sembra un grande disordine, ma mi piace passare da un estremo all’altro.
In passato hai suonato su palchi di festival internazionali e hai da poco annunciato il tuo ingresso nel roster di RADAR Concerti. Cosa c’è da aspettarsi da questa estate? Ti vedremo live presto in Italia o all’estero?
Mi piacerebbe fare uno strano tour nelle lobby degli hotel italiani a 5 stelle, ma è ancora tutto in forse. Per scaramanzia non voglio ancora rivelare nulla, ma ci sono alcune situazioni interessanti per questa estate! Riguardo le prossime uscite, tante nuove sorprese prenderanno forma dopo Too Late: questo singolo ha aperto una nuova fase e non vedo l’ora che escano i nuovi brani.
Riccardo Colombo
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