Voto

8.5

Sono passati cinquantatré anni da Un uomo una donna (1966), l’iconico dramma sentimentale di Claude Lelouch con Anouk Aimée e Jean-Louis Trintignant. Cinquantatré anni dal primo incontro tra il pilota automobilistco Jean-Louis Duroc e la bella vedova Anne Gautier, e altrettanti dalla loro separazione, da quell’abbraccio accanto ai binari di un treno diretto a Parigi.

Durante questi anni Anne e Jean-Louis si sono già ritrovati: nel 1986, quando Lelouch aveva donato alla loro storia d’amore una nuova possibilità in Un uomo e una donna: 20 anni dopo. Ma di questo né il prolifico cineasta né i suoi personaggi sembrano avere memoria oggi: si incontrano ne I migliori anni della nostra vita come fosse la prima volta dopo quella notte nella camera 26 di un hotel a Deauville.

L’emozione di un nuovo incontro tra Anne e Jean-Louis – e, fuori dalla finzione scenica, tra due icone come Anouk Aimée e Trintignant, 87 e 88 anni – regge da sola l’intero film. Un film che non vuole essere inteso come sequel o proseguimento di una storia iniziata tanti anni prima e che si alimenta di impressioni dal passato (le mani tra i capelli di Anne, la mustang da corsa numero 184, la spiaggia di Deauville, le sequenze del film del 1966 che scorrono in sovrimpressione con ricorsività) per dare vita ad una storia d’amore nuova. “La nostalgia non è interessante se non serve al presente” dichiara Lelouch, e coerentemente Anne e Jean-Louis vivono il presente senza troppo rammarico per quello che non è stato, celebrando invece quello che è stato e quello che potrà essere; dopotutto, come recitano le parole di Hugo in apertura, “I migliori anni della nostra vita sono quelli ancora da vivere”.

Giorgia Maestri