Voto

6.5

Il regista e sceneggiatore Gary Ross rievoca un importante frammento di storia americana: la nascita del cosiddetto Free State of Jones durante la guerra di secessione americana. Il territorio divenne simbolo della lotta per una libertà politica e individuale, contro il muro del razzismo e dell’oppressione. La schiavitù, tema cardine della pellicola, viene sapientemente presentata da prospettive differenti. Prendendo in parte le distanze da pellicole come Lincoln (2012) e 12 anni schiavo (2013), Ross propone nuovi spunti di riflessione che evidenziano come l’intera umanità tenda ad asservirsi alle logiche di potere e al desiderio di prevaricazione: “Erano solo schiavi di qualcun altro” è l’amara sentenza dello schiavo nero Moses Washington (Mahershala Ali), un’affermazione lapidaria che s’imprime nella mente degli spettatori.

Nonostante l’eccessiva durata del film rischi di annoiare la sala e la regia pecchi di troppa ambizione (gran parte del contesto storico inserito appesantisce e confonde la narrazione), Free State of Jones vanta un magistrale apparato tecnico. Il montaggio (Pamela Martin e Juliette Welfing) è incalzante e avvincente, il grandissimo lavoro di fotografia (Benoît Delhomme) crea un perfetto connubio tra paesaggi ostili e personaggi in cerca di un rifugio sicuro, infine la macchina da presa insegue i protagonisti ed evoca una duplice e contrastante suggestione: i continui spostamenti di Newton Knight (un eccezionale Matthew McConaughey) sono al contempo la fuga di un reietto minacciato dalla pena capitale e la sua ricerca di libertà attraverso una giusta ma sofferta vendetta.

Anna Magistrelli