Voto

6

Ci sono cose che non si dovrebbero mai fare, come giudicare un libro dalla copertina, una donna dal colore dei capelli o un film dal titolo. Fräulein – Una fiaba d’inverno non è di certo quel film che farà perdere la forma del proprio fondoschiena al divano di casa, soprattutto se ci si informa sulla troupe in maniera superficiale: una regista esordiente e un Christian De Sica che sicuramente non gode di molta credibilità tra il pubblico radical chic e nostalgico del fascino del padre. Ridotto ad attore stereotipato dai cinepanettoni, De Sica chiede ora di essere visto con gli occhi che merita, e lo si scopre per quello che effettivamente è: un professionista e un ottimo interprete, che riesce a rendere riflessivo e affascinante il protagonista Walter senza cadere nella maschera drammaturgica di sé stesso.

Nonostante non goda di colpi di grandi scena né di una storia campione di originalità, Fräulein – Una fiaba d’inverno è un film fedele alle aspettative, interessante, ordinato ma non piatto, dalla fotografia intensa e dai colori che sollevano gli umori nel ricordare l’odore di arrosto e quella strana sensazione di sudare sotto il sole d’inverno; tutte percezioni positive, proprio come la ricorrente canzone di Fred Buongusto Spaghetti a Detroit, che invoglia il pubblico a uscire dalla sala fischiettando.

La regista Caterina Carone trasporta lo spettatore in una vera e propria favola, nella quale Lucia Mascino (Regina) interpreta il ruolo fiabesco non di una strega ma di una zitella, in una cornice che rende gloria alle regine di ghiaccio, tra candida neve e una colonna sonora efficace. Quello che il film lascia in eredità sono il senso caotico della monotonia quotidiana e le difficoltà del crearsi una vita senza rimanere ancorati alla turpitudine del passato; al contempo la Carone invita ad adottare una sorta di amore verso l’egoismo, attitudine necessaria per poter paradossalmente iniziare a voler bene gli altri e a sopportare appellativi da paese e donne bionde colorate.

Fabrizio la Sorsa