Voto

5

L’autobiografia da cui è tratto il film, Hillibilly Elegy di JD Vance, è circolata moltissimo negli Stati Uniti dopo le elezioni presidenziali del 2016, additata come il testo che avrebbe spiegato la vittoria di Trump e la sua popolarità nell’America povera e rurale. JD Vance, infatti, racconta la propria infanzia e adolescenza tra Kentucky e Ohio, testimoniando rabbia, disillusione e frustrazione di generazioni allo stremo – tra la dipendenza da oppiacei e l’assenza di un sistema assistenziale in grado di prendersi cura di tutti – che avrebbero condotto a credere alle promesse di un candidato populista.

Che questo sia vero o no, il testo – e la sceneggiatura che Vanessa Taylor ne ha tratto –, nel raccontare la parabola edificante di JD che dall’Ohio rurale approda alla facoltà di legge di Yale e poi in uno degli studi più noti di DC, mira a dare una nuova versione dell’american dream, un nuovo volto al self made man, che armato di rettitudine e motivazione alla fine ce la fa – niente di nuovo, del resto, anche inserendo il film nella filmografia di Ron Howard (Apollo 13, A beautiful mind, Cinderella man, Rush). Ma, anche dal nostro punto di vista europeo, emerge che non può davvero essere così l’America rurale. Perfino chi di quel tipo di situazione socio-culturale non ha alcuna esperienza, può vedere quanto sia tendenzioso questo tipo di retorica in cui l’eroe – povero, certo, ma bianco e maschio – alla fine ce la fa. Lui sfugge al destino hillibilly riscattandosi, lasciando la sorella, forse pure più sveglia e in gamba di lui, ad affannarsi dietro figli e famiglia. Ma lui è più retto e motivato, sicuramente.

Possiamo perdonargli un mancata ammissione delle ragioni per cui lui, a differenza di sorella, madre e nonna, alla fine sfugge al retaggio maledetto della famiglia, ma non sappiamo nemmeno come ci riesce. Non ci viene detto quasi nulla del come JD approda a Yale e forse sarebbe stato proprio questo l’aspetto più interessante del suo percorso autobiografico. Qualche accenno ad un programma militare e alla scuola statale dell’Ohio e niente di più. Il successo del ragazzo viene spiegato solo con una superiorità intellettuale e morale che lo contraddistingue sin da bambino (un ragazzino prodigio che molto verosimilmente a 12/13 anni chiede alla nonna di guardare uno speciale su Monica Lewinsky in tv invece di Terminator). È una spiegazione insufficiente e una parabola un po’ sminuente e misera in relazione alle complessità delle comunità rurali americane oggi.

Giorgia Maestri