Voto

9

Blackstar cade dal cielo, in un giorno per niente casuale, come se fosse un incantevole UFO.

Bowie tocca uno dei picchi più alti della propria carriera con un’opera oscura e sperimentale. Tutto quello che ascolterete nella nuova fatica discografica del Duca Bianco, singolare e miracolosa, non è altro che quanto di più doveroso poteva permettersi.

L’album prende le distanze da quanto dimostrato nel precedente The Next Day: Blackstar è un’opera meno diretta, più “educata” e tanto accurata (vedi la titletrack Blackstar) quanto ridotta all’osso, a tratti riprendendo le sonorità tetre e oppressive dell’ultimo Scott Walker (Lazarus).

Sette tracce in cui Bowie ritrova un’omogeneità compositiva che da molti anni mancava ai suoi lavori in studio, inglobando influenze recenti (D’Angelo e Kendrick Lamar) e influenze storiche (Scott Walker). Lo sappiamo bene che non è la prima volta, David, ma manterremo il tuo chimerico segreto, se questa maestosità artistica è il prezzo da pagare: puoi giurarci.

Christopher Lobraico