Cow è la storia di una separazione. Una separazione che viene ripetuta nel tempo, periodicamente, con (quasi) le stesse modalità. Una separazione tra una mucca e i suoi vitellini. Disponibile in streamiing su MUBI, il film di Andrea Arnold racconta la storia della vacca da latte Luma adottando il suo punto di vista, senza mai alzare la macchina da presa al livello degli esseri umani, di cui segue traballante la sua routine quotidiana – la mungitura, il pranzo, i momenti nella stalla -, segnata dalla tristezza e dalla depressione: se le altre mucche consumano il loro pasto, Luma, reduce dal parto, si rifiuta di mangiare, mentre alle immagini del suo muso si alternano quelle del vitello che viene portato via dalla stalla a tracciare un parallelismo sofferto e dolente. Sembrano istanti rubati, ma non è così: la regia risulta piuttosto invasiva, ed è evidente che gli animali sono consapevoli della presenza di un oggetto che li segue, tanto che a volte guardano in camera, altre volte sbattono contro lo strumento e ne sembrano quasi infastiditi.

Non c’è voce narrante a raccontarci la storia di Luma, nè colonna sonora – a eccezione della radio che viene ascoltata durante la mugitura -, bastano le immagini. Solo in alcuni momenti particolarmente intensi e significativi la canzone di sottofondo diventa parte integrante della scena, andando a coprire i versi e i rumori degli animali. Come nei suoi altri film, al centro c’è la protagonista – Star in American Honey o Mia in Fish Tank, che la macchina da presa pedina stando alle loro spalle – e la sua storia, costellata di difficoltà economiche e relazionali, di situazioni familiari problematiche e disfunzionali, secondo una narrazione che viene applicata anche ora, al mondo animale di Cow. Rispetto ai lavori precedenti di Arnold, però, Cow risulta più pessimistico: le mucche sono del tutto inermi e passive, non hanno alcuna possibilità di ribellarsi all’essere umano – al contrario delle protagoniste degli altri film, che riescono a trovare un modo per salvarsi. 

Tuttavia, anche se non è stato mai così centrale, il tema animalista e naturalista è sempre stato presente nei film di Arnold, a rappresentare un momento di pace, tranquillità, meditazione, distacco. In Fish Tank, ad esempio, quando la protagonista cerca di liberare un cavallo emaciato e anziano si crea un incontro particolarmente poetico: gli sguardi si incrociano, Mia cerca di accarezzarlo e nel silenzio si sente solamente il respiro pesante dell’animale. Allo stesso modo, la macchina da presa segue lo sguardo di Luma, finalmente al pascolo, mentre osserva il cielo e si gode uno dei suoi pochi momenti di libertà. Viene spontaneo tracciare un paragone tra Cow e Gunda del regista russo Kosakovskiy, film che racconta la storia di una maiala che viene separata dai propri figli con uno sguardo che appare molto più delicato e rispettoso degli spazi degli animali e una narrazione che incede in maniera spontanea e imprevedibile a differenza di Cow, il cui inevitabile epilogo aleggia fin dall’inizio.

Linda Venturini