Voto

5

City of Lies è come un labirinto il cui centro non è altro che l’inizio di un nuovo rompicapo – non a caso la pellicola è tratta dal romanzo Labyrinth di Randall Sullivan. La narrazione del film è incentrata sulle vicende legate alla tenace indagine del detective Russell Poole (Johnny Depp), che per quasi vent’anni si occupò del caso relativo alla morte di Tupac e Notorious B.I.G., rapstar statunitensi freddate rispettivamente il 13 settembre 1996 e il 9 marzo 1997 a Los Angeles. Un detective movie la cui trama, di per sé convenzionale e piuttosto compassata, viene impreziosita dalla ricerca dell’estetica rap anni Novanta.

Il racconto è strutturato in un continuo gioco di analessi: Poole viene ascoltato dal giornalista dell’ABC Jack Jackson (Forest Whitaker) e ripercorre l’intera storia del caso, non nascondendo la certezza di essere stato ostacolato da pressioni interne ed esterne al dipartimento di polizia nel tentativo di insabbiare le indagini (“un omicidio come questo resta irrisolto solo se la polizia non vuole risolverlo”). Personaggio godibile, seppure un poco ingessato, Poole corrisponde al profilo del più classico degli eroi-detective: un uomo di forti valori che non si piega alle esigenze di un mondo corrotto e soccombe di fronte a un sistema malato, che pur di non collassare rinuncia al vero senso di giustizia. Compassato è anche Jackson, il personaggio spalla: come il più classico dei giornalisti, d’un tratto si ribella a un altro sistema, quello della stampa che filtra le notizie arbitrariamente, privando i cittadini di conoscere la verità dei fatti. Ma che a interpretarli siano due stelle, per di più in cattiva forma, non basta a sbloccare due ruoli troppo poco convincenti.  

Al netto di una scrittura poco brillante, che schematizza manicheisticamente il limite tra giusto e sbagliato, giustizia e crimine, City of Lies si riscatta con una fotografia cupa, capace di proiettare lo spettatore nel mood di una “città di bugie”, e con un montaggio pulito (forse eccessivamente, vista l’ambientazione) e sincopato. La scelta di incentrare il focus del film sulla costruzione di un rompicapo efficace, impeccabile nella forma e nel ritmo, rende il film sciatto, che paradossalmente finisce col parlare senza vigore della vita di Tupac e Notorious B.I.G. e della rivalità storica tra West Coast ed East Coast, abbandonandosi a sproloqui sull’importanza – in astratto – di verità, giustizia e altri principi, come nel più scontato e noioso schema ideologico americano.

Ambrogio Arienti