Voto

5

Una pausa lunga 4 anni non ha giovato alla band di Londra, che propone Hymns senza più l’apporto di Gordon Moakes e Matt Tong (rispettivamente basso e batteria della vecchia formazione di Four), sostituiti dalle due nuove leve Justin Harris e Louis Bartle. I Bloc Party, rivoluzionando la vecchia line-up, sembrano quasi perdere del tutto le vecchie sonorità che avevano caratterizzato brani come Hunting For Witches, Helicopter e Banquet, proponendo ora uno stile più fortemente indirizzato verso un eclettico indie-pop con Into The Heart, brano nel quale stupisce la quasi totale assenza di synth, o piuttosto verso un southern/country in The Good News.

Una metamorfosi totale, che arriva a coinvolgere anche i giri di chitarra di Lissack e la composizione di Okereke, i quali non sembrano essere riluttanti alla composizione di un lavoro così fuori dai soliti schemi, ma, anzi, cercano di spingere con ottimismo Hymns. L’album trae la sua forza anche dalla spiegazione avanzata dai due membri fondatori, il cui punto di vista si basa su di una visione prettamente spiritualistica, nel tentativo di porsi in empatia con il mondo, quasi traslitterando tale rapporto in un’altra dimensione.

In sintesi, un lavoro audace quello di Okereke e i suoi ragazzi, i quali non sorprendono più con il loro solito estro creativo, ma cercano di trovare quel non so che nella capacità di adattarsi al gusto del momento, anche se con scarsi risultati.

Sabino Forte