Voto

5.5

Disponibile su Netflix dall’11 febbraio 2021, Bigbug è il nuovo film del regista e sceneggiatore francese Jean-Pierre Jeunet, conosciuto soprattutto per Il favoloso mondo di Amelie (2001) e Delicatessen (1991), opera d’esordio vincitore di diversi Premi César. A distanza di sette anni dall’ultimo lavoro, Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet (2013), il regista torna dietro alla macchina da presa per realizzare un ibrido tra commediae fantascienza, con una considerevole dose di critica sociale. La storia è ambientata nel nostro universo – come conferma il riferimento alla pandemia di Covid-19 – ma in un futuro distopico in cui l’intelligenza artificiale è così tanto diffusa ed evoluta da riuscire a ribellarsi e prendere il posto dell’umanità. Il pretesto narrativo della rivolta dei robot, per quanto sempre affascinante, è di per sé prevedibile e scontato, soprattutto in un momento storico in cui stiamo assistendo a un’inarrestabile e pervasiva evoluzione tecnologica, e nel caso di Bigbug manca del tutto di un qualche elemnto di originalià rispetto ad altri film realizzati negli ultimi anni – basti pensare a Io, robot (2004), alla saga di Terminator o, ancora di più, al cortometraggio d’animazione Servizio clienti Automatico (2021) della seconda stagione della serie antologica Love, Death & Robots (targata Netflix).

L’unico elemento intrigante, anche se non si può comunque parlare di originalità, è la situazione in cui si trovano i protagonisti a causa del colpo di stato dei droni umanoidi Yonyx: si trovano intrappolati all’interno di una casa iper tecnologizzata creata come forma di protezione, ma che presto si rivela una trappola, una tortura. La convivenza forzata metterà infatti a dura prova i nervi dei personaggi e l’evidente differenza tra i loro caratteri innescherà discussioni, dialoghi serrati pieni di esasperazione e dinamiche dettate da antipatia, gelosia, attrazione sessuale e collaborazione. Il tono della narrazione, leggero e scanzonato, raggiungi picchi che sfiorano il grottesco e scene comiche a tratti cringe, ma la tensione rimane crescente per tutto il film, fino al finale d’azione ritmato e travolgente.

Fil rouge della narrazione è il rapporto le intelligenze artificiali, sempre più indispensabili alla vita sulla Terra, e gli esseri umani: se le prime risultano perfette nella loro programmazione e replicabili all’infinito, i secondi risultano inferiori dal punto di vista del progresso tecnologico ma hanno il vantaggio di essere intrinsecamente originali, unici e autentici, seppur nella loro imperfezione. Come nelle tante distopie iper tecnologizzate che abbiamo visto al cinema, il comportamento dei robot presenti all’interno della casa con la funzione di macchine domestiche, dopo il lungo periodo al servizio dei proprietari si avviano a una progressiva umanizzazone, imparando le emozioni dall’essere umano e arrivando a collaborare con loro.  

Kevin Cella