Voto

8

New York, 1981. Secondo le statistiche l’anno più feroce della storia della città. L’immigrato Abel Morales (Oscar Isaac) affiancato dall’avvenente moglie Anna (Jessica Chanstain) cerca di farsi strada nell’industria dell’olio combustibile all’indomani della crisi petrolifera degli anni ’70. Abel, l’incarnazione dell’American Dream, è mosso da una condotta morale inflessibile e non intende cedere il passo al mondo di gangster, violenza e corruzione in cui si trova invischiato, almeno fino a quando sarà la sua stessa ambizione a mettere a rischio la solidità delle proprie convinzioni.

Dopo il perturbante quanto immobile All is Lost (2013) J.C. Chandor torna al cinema per raccontare ancora una volta la lotta per la sopravvivenza di un uomo, la cui solitudine è amplificata dalla magistrale opposizione di campi lunghi sulla periferia decadente della città e primi piani sullo sguardo lucido e intenso del protagonista, unico punto fermo in un mondo dominato da menzogne e precarietà. I toni seppia e i lenti movimenti di camera danno vita a un’atmosfera opprimente e sinistra che fa rivivere la New York divorata dalla lotta tra onestà e corruzione in cui si muoveva l’intramontabile Frank Serpico di Sidney Lumet (1973). Le inquadrature dal basso e le lunghe sequenze di inseguimenti ci dicono che il pericolo è sempre in agguato in questa crime story all’insegna dell’onestà e della rettitudine.

La performance attoriale dei due protagonisti è straordinaria. Dopo A Proposito di Davis (2013), che lo ha portato alla nomination ai Golden Globes nel 2013, Oscar Isaac torna a sorprendere per la solidità della sua presenza in scena e il controllo misurato ma eloquente dell’interpretazione, mentre la Chanstain (Zero Dark Thirty, Interstellar) si dimostra ancora una volta istrionica ed estremamente capace.

Giorgia Maestri